I protettori gastrici sono fra i farmaci più prescritti in assoluto. Sotto questo nome rientrano i composti di alluminio e/o magnesio, gli alginati (come il ben conosciuto Gaviscon), gli anti-H2 (ad esempio la ranitidina e la cimetidina), ma soprattutto gli inibitori di pompa protonica, in breve PPI (meglio noti come omeprazolo, esomeprazolo, pantoprazolo, lansoprazolo e via dicendo).
Sarà probabilmente colpa del nome rassicurante, ma attualmente vi è un utilizzo spropositato di quelli che sono medicinali con effetti collaterali consistenti, spesso prescritti e presi con eccessiva leggerezza.
Come funziona il nostro stomaco
L’ambiente gastrico, su cui i protettori gastrici vanno ad agire, richiede per il suo funzionamento un elevato grado di acidità. Questo pH molto basso è la premessa perché vi sia un’attivazione degli enzimi deputati alla digestione degli alimenti, che inizia già a livello della bocca tramite masticazione e saliva.
Gli stimoli olfattivi (profumi), visivi (piatti) e meccanici (introduzione del cibo in bocca), fanno sì che le cellule che producono acido cloridrico (HCl) vengano attivate. Vi è una stimolazione diretta da parte del sistema parasimpatico (mediante Acetilcolina), una dipendente dalla gastrina, ed una sia diretta che indiretta legata invece al rilascio di istamina. L’HCl, che normalmente non dovrebbe causare danni alla mucosa dello stomaco per via di tutte le barriere protettive di cui dispone (muco, barriera cellulare, tight junctions, sistemi tampone della circolazione), è la condizione che consente al pepsinogeno di venire attivato e di rendere a sua volta operativa la serie di enzimi che consentirà la digestione.
Come funzionano i protettori gastrici
A seconda dei protettori gastrici che utilizziamo il meccanismo è differente.
- Gli alginati creano una sorta di “tappo” nella parte alta dello stomaco, così che la risalita del cibo in fase di digestione sia difficoltosa.
- Gli anti-H2 intervengono invece nel circolo dipendente dall’istamina, così che la produzione di HCl istamina-correlata sia impedita
- Gli inibitori di pompa gastrica (IPP) inibiscono in modo irreversibile la pompa protonica H+/K+-ATPasi che è responsabile dell’immissione dell’HCl nell’ambiente gastrico. La pompa viene bloccata per tutta la durata di vita della cellula: è necessario quindi che la cellula ricresca perché vi sia nuova produzione di acido.
Un abuso pericoloso
L’oggetto di interesse di questo articolo sono gli inibitori di pompa protonica, in quanto rappresentano gli antiacidi più prescritti. Le indicazioni per cui andrebbero dati sono gastrite, ulcera, sindrome di Zollinger-Ellison e alcuni farmaci aggressivi nei confronti dello stomaco.
Uno studio del 2011 di Reid et al. però dimostra che l’appropriatezza prescrittiva nella realtà è molto ridotta: si parla di addirittura un 73% di terapie prescritte senza indicazioni valide (il 56% giustificato come profilassi). Un atteggiamento del genere, tra l’altro, è stato associato ad aumento di infezioni da Clostridium Difficile.
Non solo: le prescrizioni di questi prodotti si stanno estendendo anche ai più piccoli. Nel 2007 era stato segnalato un preoccupante trend di aumento delle prescrizioni di antiacidi sia ai bambini al di sotto dei 4 anni che ai bambini tra i 5 e gli 11 anni (per eventuali approfondimenti: Protettori gastrici e antiacidi ai bambini? Un mercato in fortissima crescita del sito Eurosalus). Viste le ripercussioni negative, di cui si parlerà di seguito, è un dato particolarmente preoccupante.
Gli effetti collaterali dei gastroprotettori
Il problema vero dei gastroprotettori è legato all’uso protratto e spesso ingiustificato (ad esempio quello di profilassi).
Vi sono numerose conseguenze legato all’assunzione continuativa dei PPI:
- carenza di vitamina B12
- malassorbimento di vitamina D, calcio e altri minerali
- allergie alimentari
- artrite
- dolori muscolari, miopatie
- rischio di infarto miocardico aumentato
- demenza
La cattiva digestione e le sue importanti ripercussioni
Per comprenderne almeno parzialmente il motivo, bisogna pensare che i PPI vanno ad alterare quelli che sono i normali processi digestivi, rendendo meno efficace l’attività enzimatica (come si diceva prima: l’acidità consente l’attivazione delle proteine atte alla digestione). Le conseguenze sono diverse: da una parte gli alimenti vengono processati di meno e non a dovere, con il risultato di essere più difficilmente assorbibili dall’intestino. Ciò rappresenta uno stimolo particolarmente stressante per l’intestino, dove il microbiota intestinale (argomento trattato in Il Microbiota umano: un coinquilino indispensabile) e il sistema immunitario fungono da barriera protettiva.
E’ stato inoltre osservato come la buona digestione delle proteine sia la premessa indispensabile per una buona salute, in particolare per evitare la comparsa di allergie (Jensen-Jarolim, 2003; Untersmayr e Jensen-Jarolim, 2008; a tal proposito Allergie: l’importanza di una buona digestione e un buon pH gastrico). L’aumento del pH gastrico porta alla persistenza di proteine instabili durante il tragitto nello stomaco e dell’intestino e questo può facilitare il loro legame alle IgE, con la sensibilizzazione che ne consegue e l’insorgenza di intolleranza ed allergia.
Non solo: l’instaurarsi di allergia sembra esteso anche agli antiinfiammatori non steroidei (FANS, altra classe di farmaci che trova utilizzo e distribuzione davvero enorme), come studiato da Riemer et al. nel 2010. Non si tratta di reazioni di ipersensibilità, ma di vere e proprie forme allergiche, mediate dalle immunoglobuline specifiche.
Sempre le allergie giocano un ruolo chiave nell’artrite, come dimostrato nel 2006 da Karatay: effettuando dei test allergologici su persone affette da questa patologia, era stato riscontrato che tutti avevano delle allergie alimentari. Nel gruppo di studio che aveva eliminato gli alimenti la sintomatologia era drammaticamente ridotta, a sottolineare l’importanza dell’alimentazione nel mantenimento della salute.
Inoltre i PPI possono favorire l’insorgenza di artriti su base immunologica infiammatoria (Matsukawa et al.,2007). Questo soprattutto nel caso del Lansoprazolo, somministrato in caso di infezione da H. Pylori. Il suo utilizzo, infatti, promuove l’aumento di IgG e IgM, favorendo un certo tipo di risposta immunitaria, definita Th2, che può facilitare l’insorgenza di fenomeni autoimmuni. All’organismo umano, invece, per debellare questo batterio, servirebbe più una risposta di tipo Th1.
Uno degli effetti collaterali dei PPI può anche essere quello della miopatia, ovvero di sofferenza muscolare. Fanno parte delle reazioni avverse di questi farmaci, che nei casi più gravi possono sfociare in rabdomiolisi [rottura delle cellule del muscolo] (Clark et al., 2007). In molti casi è stato osservato come la sospensione della terapia gastroprotettiva si accompagni alla risoluzione della sintomatologia articolare e muscolare, con un aumento del benessere.
Le carenze alimentari
Se i processi digestivi vengono alterati ne risente anche l’assorbimento delle vitamine. In particolare la vitamina B12, importante coenzima richiesto in numerose attività cellulari, il cui deficit può portare fra le altre cose ad anemia e -se protratto- anche a complicanze neurologiche. Stesso problema riguarda la vitamina D. Quest’ultima è un oligoelemento di cui attualmente la popolazione è impoverita per via della poca vita all’aria aperta, e che ha uno spettro di funzioni molto vasto, tra cui la salute delle ossa. Se si considera che i PPI sono assunti prevalentemente dalla popolazione anziana, spesso caratterizzata da condizioni quali osteopenia o osteoporosi, si capisce come le ripercussioni siano ancora più marcate, potendo favorire fratture per traumi anche lievi, tra cui quella temutissima al femore.
Se ci rimette il cuore…
Lo studio del 2015 di Shah e colleghi mette in evidenza una relazione allarmante: l’uso di PPI è correlato all’aumento di rischio di infarto miocardico, per via di un impatto negativo sulla funzionalità vascolare. Il dato sconcertante è che il rischio è 1,16 volte maggiore in chi assume inibitori di pompa gastrica anche se prende dei farmaci per prevenzione e trattamento delle problematiche cardiovascolari come il clopidogrel. D’altro canto lo studio ha messo in evidenza come l’assunzione di un’altra categoria di gastroprotettori, come gli anti-H2, non sia invece legata ad un aumento di rischio.
Il declino cognitivo
L’assunzione di PPI aumenta di circa una volta e mezza il rischio di ammalarsi di demenza senile, come spiegato nell’articolo di Gomm et al. pubblicato quest’anno. Il meccanismo coinvolto, osservato nei topi, è l’aumento della proteina beta-amiloide,responsabile di diverse patologie neurodegenerative (per approfondire: Sonno: elisir di lunga vita). Una delle cause potrebbe essere, come ipotizzato anche dal Dott. Speciani di Eurosalus, proprio l’infiammazione causata dalla cattiva digestione, infiammazione generalizzata, che può coinvolgere anche il sistema nervoso centrale. Anche in questo caso il dato allarmante è che la fascia di popolazione che più frequentemente usa questo tipo di farmaci è quella degli anziani, su cui pertanto si ripercuotono maggiormente i rischi.
Conclusioni e consigli pratici
Quello che si può comprendere da quanto detto è che lo stomaco, con il suo particolare ambiente, è uno strumento fondamentale per l’organismo per trasformare possibili allergeni in sostanze innocue. Sorge il dubbio che l’aumento spropositato di allergie degli ultimi decenni possa essere almeno in parte collegato all’uso a tappeto degli inibitori di pompa gastrica. La cattiva digestione facilita i processi infiammatori e tutto ciò che ne consegue.
E’ FONDAMENTALE assumere i gastroprotettori solo laddove siano realmente necessari. Ed in questo senso prima di tutto occorre un’adeguata educazione ed igiene alimentare.
Ci sono delle semplici accortezze che possiamo adottare nel quotidiano per prevenire o migliorare la nostra digestione:
- mangiare il necessario, ovvero non eccedere con le quantità e non mangiare quando non si ha fame, soprattutto la sera
- non bere molta acqua durante il pasto o subito dopo: si diluisce il cibo e si rallenta i processi digestivi: meglio bere un paio di bicchieri mezz’ora prima
- masticare con attenzione: iniziamo il processo di digestione direttamente in bocca e riduciamo in questo modo il lavoro dello stomaco!
- non coricarsi dopo i pasti: lasciare che il cibo faccia il suo regolare percorso verso l’intestino, sfruttando la forza di gravità.
- se si hanno difficoltà digestive non eccedere con spezie piccanti, cioccolato, caffè, menta ed altri alimenti che possano creare tanta aria, come del resto evitare i cibi fritti o pesanti da digerire finché le proprie capacità digestive non siano ripristinate. In questo senso le verdure cotte possono venire in aiuto più di quelle crude
- rafforzare la propria capacità digestiva con dello zenzero fresco all’inizio del pasto o nelle pietanze
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Naturalmente la persistenza delle difficoltà digestive non esonera dal recarsi dal medico curante e dall’attuare l’eventuale terapia prescritta. Tuttavia è bene, laddove non sia strettamente necessaria la loro assunzione, cercare di svezzarsi dagli inibitori di pompa protonica, o quanto meno alternarli ad altri farmaci come gli anti-H2. Infine, nel caso in cui si debba effettuare una terapia cronica con i PPI, si può migliorare la digestione mediante l’assunzione di enzimi e di integratori alimentari del caso.
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