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Interferenti Endocrini Parte II: gli FTALATI

Gli ftalati sono sostanze chimiche ad uso industriale che rientrano nella categoria degli Interferenti endocrini (vedi Interferenti Endocrini) ovvero, secondo l’OMS, sostanze o miscele esogene che alterano le funzioni dell’apparato endocrino e causano in tal modo effetti nocivi sulla salute di un organismo intatto, o nella sua progenie o nelle (sub)popolazioni. Si tratta di agenti […]

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Gli ftalati sono sostanze chimiche ad uso industriale che rientrano nella categoria degli Interferenti endocrini (vedi Interferenti Endocrini) ovvero, secondo l’OMS, sostanze o miscele esogene che alterano le funzioni dell’apparato endocrino e causano in tal modo effetti nocivi sulla salute di un organismo intatto, o nella sua progenie o nelle (sub)popolazioni.

Si tratta di agenti chimici ampiamente utilizzati nell’industria, per via della loro capacità di migliorare la flessibilità e la modellabilità della materia plastica. Se ne fa largo uso nell’edilizia (guaine per cavi elettrici, membrane per coperture, pavimenti e rivestimenti), nell’industria automobilistica (guarnizioni, cavi, sigillanti sottoscocca) nell’arredamento, nella pelletteria (artificiale), nella cosmesi (lacche per le unghie e spray per capelli, profumi), nei lubrificanti, nelle creme contraccettive, nei diluenti e nei pesticidi. E’ possibile trovarli anche nei giocattoli.

Cosa sono gli Ftalati?

Sono diesteri dell’acido ftalico, utilizzati soprattutto come plastificanti negli oggetti d’uso in PoliVinilCloruro (PVC) e in altro materiale plastico. Non sono legati chimicamente al materiale plastico, in quanto presenti unicamente allo stato soluto. Inoltre non evaporano rapidamente ma durevolmente. Al contatto con liquidi o grassi si sciolgono oppure evaporano.

Non tutti gli ftalati sono uguali

Gli Ftalati sono oggetto di studio da oltre 50 anni. Dalle valutazioni del rischio condotte dall’UE e studi indipendenti è emersa una netta distinzione tra gli ftalati a basso peso molecolare (LMW) e ad alto peso molecolare (HMW).

  • Ftalati a basso peso molecolare (< C8): DEHP, BBP, DBP, DIBP.
  • Ftalati a alto peso molecolare (> C8): DINP, DIDP, DUP, DIUP, DTDP, FTALATI LINEARI (C7-C9, C7-C11, C9-C11).

Gli ftalati a basso peso molecolare  sono classificati come agenti tossici per la riproduzione sulla base di studi condotti sugli animali. Sono pertanto regolati nel loro utilizzo ed inseriti nell’annesso XIV del Regolamento REACH come “Substances of Very High Concern”. Dal 22 febbraio 2015 possono essere immessi sul mercato solo per gli usi per i quali è stata rilasciata autorizzazione.

L’utilizzo degli ftalati ad alto peso molecolare, invece, non presenterebbe alcun rischio. Sono liquidi viscosi in grado di legarsi saldamente all’interno degli articoli in PVC: il loro livello di migrazione è minimo durante l’utilizzo, anche nelle particelle abrase. Per loro è prevista la sola restrizione d’uso nei prodotti per l’infanzia che possono essere messi in bocca.

I risultati di tutte queste valutazioni hanno fatto sì che negli ultimi anni l’utilizzo di ftalati ad alto peso molecolare, quali DINP, DIDP e DPHP, sia fortemente incrementato nel mercato europeo.

Come veniamo a contatto con gli ftalati?

Le fonti possibili di esposizione sono:

  • generi alimentari, materiale di confezionamento, acqua potabile e oggetti di uso (es. guanti in PVC, giocattoli)
  • inalazione di polvere domestica: aria degli spazi interni per esalazioni provenienti dal mobili foderato con materiali plastici o dal pavimento

Nello specifico bisogna fare particolarmente attenzione ai giocattoli, specie di importazione dalla Cina (In un documento emesso dal Ministero della Salute, si legge che “nel 2011 essi hanno rappresentato il 27% delle notifiche totali relative ai giocattoli. Nel primo trimestre del 2012 sono stati notificati nel RAPEX 47 articoli pericolosi per presenza di ftalati, provenienti per la quasi totalità (94%) dalla Cina e diffusi nel mercato europeo”). Le bambole possono essere pericolose visto che gli ftalati si trovano in quantità variabili in braccia e gambe, che i bambini possono mettere in bocca.

Si può trovare gli ftalati in gomme per cancellare, articoli per la scuola, attrezzature gonfiabili. L’uso di ftalati per la creazione di materiali destinati al contatto con gli alimenti è meno diffuso, ma ciò non toglie il rischio che i prodotti alimentari vengano contaminati durante il confezionamento o lo stoccaggio attraverso la migrazione da polimeri contenenti ftalati. Vi è inoltre la possibilità che queste sostanze provengano dall’ambiente circostante, assorbite dal suolo o ingerite dagli animali. Un rapporto presentato da Greenpeace, ha segnalato la presenza di ftalati anche in alcuni capi di abbigliamento per bambini, riconducibili a grandi marche.

Attenzione anche ad alcuni profumi: gli ftalati sono utilizzati perché li mantengono sospesi, rendendoli persistenti nell’aria. In presenza di grasso o sotto l’effetto del calore gli ftalati possono penetrare nella pelle.

Effetti nocivi

Gli ftalati sono stati riconosciuti come Interferenti Endocrini, e dunque sostanze in grado di interagire con il sistema ormonale. In generale non provocano tossicità acuta, bensì i loro effetti conseguono ad esposizioni prolungate o ripetute e sono legati solo a quelli a basso peso molecolare. Comportano danni alla fertilità e allo sviluppo della prole. Negli studi su animali è stata riscontrata la “sindrome da ftalati” con ridotta conta degli spermatozoi, sterilità, interferenza con il genotipo maschile, ipospadia [l’uretra sbocca sul corpo del pene, in una posizione anomala], criptorchidismo [mancata discesa di uno o entrambi i testicoli]. Nell’uomo non vi è ancora stata una dimostrazione scientificamente provata, ma si sospetta un coinvolgimento degli ftalati anche in disturbi comportamentali, asma, allergie, obesità e diabete.

Normative

Il Parlamento ed il Consiglio Europeo, con la Direttiva 2005/84/CE, si sono mossi per la tutela dei bambini che, in quanto organismi in via di sviluppo, sono maggiormente suscettibili agli effetti di sostanze tossiche. E’ stato pertanto stabilito che DEHP, DBP e BBP (riconosciute come tossiche per la riproduzione e quindi sostanze di categoria 2) non debbano trovarsi in percentuale superiore allo 0,1% della massa del materiale plastificato nei giocattoli e negli articoli di puericultura.

Inoltre, nella tabella presente nel Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, sono indicate le sostanze tossiche per la riproduzione:

  • Ftalato di bis(2-metossietile);
  • Bis(2-etilesil) ftalato; di-(2-etilesil) ftalato; DEHP;
  • Ftalato di dibutile; DBP;
  • Acido 1,2-benzendicarbossilico, dipentilestere, ramificato e lineare;
  • n-pentil-isopentilftalato;
  • di-n-pentil ftalato;
  • diisopentilftalato;
  • Benzil-butil-ftalato BBP.

L’impiego di ftalati come plastificanti per pellicole in PVC e PVDC (polivinilcloruro e polivinili-dencloruro), a contatto con le derrate alimentari, è generalmente vietato (ordinanza sui materiali e gli oggetti; RS 817.023.21)

Per quel che riguarda gli ftalati attualmente maggiormente usati (DINP e DIDP) le autorità europee hanno deciso che non è necessario classificarli come nocivi, ma a scopo precauzionale è stato comunque vietato l’utilizzo nei prodotti per l’infanzia.

Ftalati nei prodotti cosmetici

Nella formulazione di cosmetici gli ftalati vengono utilizzati in qualità di solventi, denaturanti o agenti filmogeni, oltre che come plastificanti nelle confezioni. Nell’ambito della cosmesi, per verificare l’innocuità delle sostanze sono state effettuate delle ricerche che hanno portato, nel 2002, la Commissione di Cosmetologia francese a vietare l’uso di DEHP, a limitare DBP e BBzP unicamente allo smalto per le unghie e a consentire una concentrazione massima di DEP del 15% per i prodotti applicati su corpo e viso.

Studi recenti hanno mostrato che l’elevata penetrazione sistemica degli ftalati potrebbe determinare un accumulo dei metaboliti di tali composti a livello delle urine, soprattutto nelle donne e nei bambini. Ciononostante l’Afssaps (Agence francaise de Securité Sanitarie des Produits de Santé) ha ritenuto che la qualità degli studi non rende al momento necessario la messa in discussione la valutazione nel rischio di utilizzo nei prodotti cosmetici, tenendo anche in considerazione come l un campo soggetto a normative molto rigide e frequenti controlli.

Come possiamo difenderci?

L’attenzione per le etichette e la provenienza dei prodotti per il momento è una delle maggiori armi che abbiamo a disposizione. Il corretto utilizzo di pellicole o contenitori per alimenti (evitare di mettere la pellicola a contatto diretto con il cibo, aspettare che l’alimento si sia raffreddato prima di deporlo in un contenitore di plastica) e l’usanza di areare gli ambienti casalinghi sono regole da adottare nella vita di tutti i giorni.

Vedi anche:

Interferenti Endocrini

Sitografia:

Bibliografia:

  • Bottaccioli F e Carosella A, Immunità, cibo e cervello, 2009, Tecniche Nuove
  • Bottaccioli F, Il sistema immunitario: la bilancia della vita, 2008, Tecniche Nuove

 

 

 

 

 

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