“We need to show reverence for the past, but not live in it.” (D. Needleman)
La tecnologia diventa sempre più protagonista nelle nostre vite e sta lentamente cambiando il nostro modo di preparare un cibo, guidare, fare shopping, divertirci, incontrare persone…Al giorno d’oggi tutto (o quasi) è mediato dal mezzo tecnologico, e forse di alcune trasformazioni non ne siamo totalmente consapevoli.
Una di queste è la trasformazione del modo di apprendere: la tecnologia ed in particolare i nuovi media digitali ci stanno implicitamente facendo sperimentare un modo diverso di imparare e di produrre conoscenza il quale sta diventando il nostro nuovo modo di apprendere. E questa learning revolution sta impattando fortemente sui sistemi educativi e sugli strumenti per lo sviluppo delle competenze delle diverse fasi evolutive, spronando gli addetti ai lavori a progettare nuovi protocolli formativi e di sviluppo.
Quali sono i principali cambiamenti?
- L’apprendimento diventa collaborativo. Con l’introduzione delle nuove tecnologie l’apprendimento si verifica in un ambiente collaborativo. Con questo si intende non solo che il singolo è coinvolto con altri nel processo di apprendimento, questo infatti è possibile anche in assenza del mezzo tecnologico. Pensiamo ad esempio ad un aula di formazione dove si alimenta una discussione attorno ad un tema e poi si sintetizzano i punti di apprendimento condivisi. Con apprendimento collaborativo in un ambiente tecnologico si intende invece che la conoscenza è costruita insieme agli altri attraverso sistemi che incoraggiano la cooperazione e lo scambio simultaneo di informazioni. Strumenti di gestione documentale come Google Drive, Dropbox, Evernote favoriscono l’interazione e la costruzione di materiali oltre che la semplice archiviazione di dati e questo genera apprendimento, anche inconsapevole, per i soggetti coinvolti. Allo stesso modo anche attraverso le piattaforme di e-learning i partecipanti scambiano opinioni e accedono a informazioni veicolati dal medesimo meccanismo collaborativo implicato nei sistemi. Come conseguenza stiamo imparando a costruire attivamente il sapere e questo ci rende molto più confidenti del nostro contribuito e del nostro valore all’interno di un network.
- Si passa da una modalità passiva ad una modalità attiva di apprendimento. La tecnologia digitale posiziona chi vuole imparare qualcosa al centro del processo di apprendimento come autore del processo stesso. La modalità di formazione tradizionale che vedeva il docente in qualità di esperto di un tema e i partecipanti in una modalità più passiva di ascolto dei contenuti è tramontata già da un pezzo. Nei corsi di formazione attuali già il partecipante è stimolato a prendere parte attiva al proprio apprendimento e a tradurre l’esperienza d’aula in cambiamenti concreti per la vita professionale o personale. Di fatto la tecnologia apre qualche possibilità in più rispetto al controllo dell’apprendimento. Prendiamo ad esempio un corso on-line: possiamo scegliere su che dispositivo accedervi, quando mettere in pausa il processo e quando riprenderlo, e anche quali personalizzazioni inserire nel nostro percorso. Così facendo stiamo imparando ad assumerci maggiore responsabilità delle cose che impariamo, maggiore autonomia e intraprendenza nello scegliere i contesti di apprendimento e i relativi strumenti.
- Si configura un’esperienza di apprendimento sempre più personalizzata. Forse non si ha abbastanza consapevolezza del fatto che ogni qual volta accediamo ad un sito web immediati algoritmi di calcolo eseguono una sistematica analisi dei dati che inseriamo, delle pagine che consultiamo, delle ricerche che attiviamo. Il risultato è una profilazione dell’utente utile per suggerire i successivi contenuti e anche per proposte commerciali. Lo stesso meccanismo si può applicare per facilitare l’apprendimento: non solo le piattaforme più all’avanguardia ma anche semplici corsi on-line richiedono all’atto dell’iscrizione una serie di indicazioni sulle competenze e preferenze del partecipante. Questo consente una personalizzazione dei contenuti e delle modalità di training (all’interno delle risorse disponibili) dando l’impressione di partecipare ad un’esperienza davvero tagliata su misura e in linea con le proprie esigenze. Ci stiamo abituando ad una modalità di apprendimento che ci assomiglia, che ci segue e che si adatta alle nostre caratteristiche.
“Le tante tecnologie di oggi stanno liberando le nostre menti, permettendoci di sapere di più, fare di più e interagire con più persone di quante vorremmo, in modi sempre più vari” (Rosati, 2008).
Tecnologia e cervello
I principali cambiamenti che abbiamo descritto non sono altro che l’effetto di una trasformazione più profonda a livello del nostro sistema cerebrale che ha imparato ad interfacciarsi con la tecnologia. Le neuroscienze affermano con certezza che i cervelli umani cambiano dal punto di vista fisico in risposta all’ambiente in cui sono inseriti: il cervello si riorganizza continuamente, sia da bambini sia nella vita adulta, un fenomeno tecnicamente noto come neuroplasticità. In particolare tramite una simbiosi con la tecnologia il nostro cervello sta rapidamente acquistando potenza e capacità. E’ il concetto di brain gain o mente aumentata: “Poiché mente e cervello sono un tutt’uno, qualsiasi potenziamento dell’una porta a un potenziamento dell’altro: estendendo le nostre menti, la tecnologia estende i nostri cervelli” afferma M. Prensky (2013). Seguendo il pensiero dell’autore oggi gli esseri umani possono concentrarsi di più, calcolare di più, analizzare di più, connettersi di più, comunicare di più e creare di più di quanto abbiano mai fatto prima in tutta la loro storia, solo grazie alla tecnologia: “Associando queste tecnologie esterne ai nostri cervelli e alle nostre menti, abbiamo inaugurato un’era di intenso potenziamento del cervello”. Questa commistione tra mente e tecnologia molto più evidente e naturale per i cosiddetti “nativi digitali” (termine coniato da Marc Prensky nel suo articolo “Digital Natives, Digital Immigrants” (2001) facendo riferimento alle persone nate dopo il 1985) anche se possiamo dire che la quotidiana esposizione al mezzo tecnologico influenza tutte le generazioni. I ragazzi cresciuti con il computer «pensano in modo diverso da noi; sviluppano menti ipertestuali; saltano da una cosa all’altra. È come se le loro strutture cognitive fossero parallele, non sequenziali» (Prensky 2013). L’esposizione incondizionata ed incontrollata alla tecnologia può comportare forme di dipendenza e comportamenti a rischio sopratutto per i giovani, come abbiamo scritto in “App Generation: App-dependence or App-enablement?” e anche in “Social being or be social? Le opportunità e le minacce dei social network”.
In generale le abilità cognitive potenziate dall’esposizione ripetuta ai media digitali includono:
- lettura di immagini visive come rappresentazioni dello spazio tridimensionale (competenza rappresentativa);
- abilità multidimensionali visuo-spaziali (utilizzo di mappe mentali e di “origami mentali”);
- scoperte induttive (cioè osservazioni e ipotesi per capire le regole di una rappresentazione dinamica);
- distribuzione attenzionale (fare attenzione a più cose contemporaneamente)
- capacità di rispondere più velocemente a stimoli attesi e inattesi
Sono abilità cognitive forse non nuove, ma certo lo è la loro intensità e il modo in cui si combinano fra loro.
Quali scenari per l’educazione e la formazione?
L’esposizione continua e quotidiana alla tecnologia ci sta abituando alla velocità, al multitasking, all’accesso random, alla grafica, all’essere protagonisti e sempre connessi, alle sollecitazioni divertenti e innovative. In sintesi quindi quali caratteristiche deve possedere un sistema di apprendimento per attrarre il discente moderno e facilitare il processo? Deve essere:
- Altamente attrattivo e coinvolgente
- Capace di innescare emozioni positive
- Abilitante la capacità di costruzione di significato del singolo
- Flessibile nell’erogazione dei contenuti
- Accessibile da qualsiasi device
- Stimolante la sperimentazione e l’innovazione
Volendo comprimere queste caratteristiche in una parola: ecologico, che nel senso psicologico significa utilizzare un qualcosa che è naturale. I sistemi educativi e formativi del XXI se vogliono essere efficaci devono saper utilizzare al meglio quello che le persone stanno imparando ad utilizzare in modo naturale, la tecnologia. Questo non significa mettere la tecnologia al centro dell’apprendimento, al contrario al centro è importante che rimanga la persona che apprende. Occorre però distinguere tra i processi che può fare la mente umana e quelli che si possono delegare alla tecnologia arrivando ad una sapiente alchimia di stimoli che possano accelerare la trasformazione e l’evoluzione dell’individuo. Questa è la cosiddetta “saggezza digitale” che significa “Unire le potenzialità delle tecnologie, fugandone i pericoli, alle potenzialità della mente” (Prensky), un costrutto che apre prospettive di ricerca e sperimentazione per chi avrà passione di apprendere.
“Learning comes from passion, not discipline” N. Negroponte
Ulteriori approfondimenti sul tema digital media:
Digital media and social image: we are what we share
Selfie ERGO sum: Research or addiction?
Bibliografia
Facci, M., Valorzi, S. & Berti, M. (2013). Generazione Cloud. Essere genitori ai tempi di smartphone e tablet. Trento: Erikson.
Prensky, M. (2013). La mente aumentata. Dai nativi digitali alla saggezza digitale. Trento: Erikson.
Rosati, L (2008). Il cervello non mente. Perugia: Margiacchi-Galeno Editrice.