La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere sé stessi.
(Hermann Hesse)
Chi sono io veramente? Sono davvero sicuro di conoscermi fino in fondo? Parliamoci chiaramente: NO, non è così semplice né scontato conoscere pienamente se stessi. Prendere del tempo per fermarsi, magari stando seduti su una panchina a contemplare un paesaggio suggestivo nel silenzio più totale o in qualsiasi altro posto che favorisca la concentrazione, e elaborare pensieri su chi siamo e su cosa vogliamo fare, è un cammino abbastanza arduo, intriso di timore, paura, domande e dubbi, che solo dopo il primo minuto in cui ci siamo detti “ok, proviamo a pensare a chi sono veramente”, già abbiamo lasciato la postazione di partenza. Eppure il desiderio di conoscere la nostra essenza è davvero senza limiti, talmente forte che è quasi un obbligo farlo. Nel corso della storia è sempre stato così. Dal più piccolo contadino fino al più grande e potente re. Tutti gli uomini in tutte le epoche storiche si sono chiesti e continuano a farlo: “CHI SONO IO?”. La filosofia, come disciplina, ha sempre ricoperto in questo tema un ruolo fondamentale fin dai tempi antichi.
A Delfi, nell’antica Grecia, c’era un tempio dedicato al dio Apollo e, sulla facciata dell’ingresso principale, i visitatori, prima di entrare, potevano leggere una scritta scolpita sulla pietra: “Conosci te stesso!”. L’essere umano fin dagli albori della sua storia ha aspirato a conoscere se stesso e questo desiderio o, meglio ancora, questa esigenza esistenziale si è accentuata nelle grandi civiltà antiche, come in quella greca, dalla quale è nata la filosofia occidentale. A partire da Socrate, il “conosci te stesso” è diventato uno dei grandi temi che ha accompagnato la storia della filosofia fino ai giorni nostri. Socrate riteneva che ogni individuo può conoscere se stesso tramite un retto ragionamento. La sua funzione di filosofo era appunto quella di aiutare la gente a scoprire la verità che risiede nell’essere di ogni persona. Socrate era convinto che la verità risiedesse in fondo al cuore di ogni essere umano e che, tramite la maieutica (l’arte di saper “tirar fuori”), fosse possibile portarla alla luce, come l’ostetrica porta alla luce il bambino. Ma, in fondo, l’essere umano continua ad essere un mistero per se stesso. (cfr, Ruggiero Lattanzio, Conosci te stesso).
Il grandissimo filosofo tedesco Hermann Hesse (1877 – 1962), premio Nobel per la letteratura nel 1946, all’interno di uno dei suoi tanti libri dedicati al senso dell’esistenza e al significato profondo della vita umana, “La nevrosi si può vincere“, spiega in modo audace come la ricerca di se stessi non potrà mai essere totale e completa, ma sicuramente piena di passi significativi e curiosità: “La vita non ha senso, è terribile, stupida, e tuttavia magnifica. Non si burla degli uomini (per fare ciò ci vuole spirito) ma non se ne preoccupa più di quanto si preoccuperebbe un lombrico. Affermare che l’uomo è un terribile gioco e un capriccio della natura è un errore degli uomini che si ritengono troppo importanti. Innanzi tutto dobbiamo riconoscere che la vita di noi uomini non è affatto peggiore di quella di un uccello o di una formica, anzi, semmai più facile e più bella. Per prima cosa dobbiamo accettare l’atrocità della vita e l’inevitabilità della morte, non con angoscia, bensì assaporando questo stato di disperazione. Solo quando avremo interiorizzato completamento la mostruosità e l’insensatezza della natura potremo iniziare a confrontarci con questa rozza insensatezza e attribuirle. E’ il compito più alto dell’uomo, l’unico che sia in grado di svolgere. Tutto il resto è solo un miglioramento della bestia dentro di noi”.
Il segreto per essere se stessi, quindi, è quello di camminare e mettersi continuamente in discussione. Migliorare ogni parte di noi, coltivare sentimenti positivi, sorridere sempre senza mai lamentarsi, creare dentro il nostro animo le condizioni tali per vivere con positività, affrontare i problemi in modo serio e maturo. Perché la vita di ciascuno non è mai un arrivo ma sempre e solo un cammino più o meno lungo fatto di stupore e meraviglia di fronte alla bellezza di ciò che scopriamo di essere.
Felicità
Finché cerchi la felicità
per essa ancor non sei maturo,
nemmeno se l’amor del mondo fosse tuo.
Finché rimpiangi cose perse,
hai una meta e sei smanioso,
non sai ancora cos’è il riposo.
Solo quando rinunci ad ogni desio
non hai più mete né ambizioni,
alla felicità non dai più nomi,
al flusso degli eventi più non soggiace
il cuore, e l’anima tua tace.
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