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La crescita dopo il trauma

“Quello che non mi uccide, mi fortifica.” F. Nietzche A volte la vita ci pone davanti a eventi che non abbiamo pianificato, che ci sorprendono, ci fanno soffrire, ci lasciano una ferita. La brutta notizia è che difficilmente possiamo sottrarci a queste esperienze negative: nonostante i nostri sforzi di pianificare le cose, di proteggere l’incolumità […]

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“Quello che non mi uccide, mi fortifica.”
F. Nietzche

A volte la vita ci pone davanti a eventi che non abbiamo pianificato, che ci sorprendono, ci fanno soffrire, ci lasciano una ferita. La brutta notizia è che difficilmente possiamo sottrarci a queste esperienze negative: nonostante i nostri sforzi di pianificare le cose, di proteggere l’incolumità nostra e dei nostri cari o di preservare la nostra salute, rimaniamo di fatto esseri ontologicamente limitati e pragmaticamente esposti alla caducità. La bella notizia è che possiamo attraversare, metaforicamente parlando, il fuoco e uscirne cambiati; in meglio però. Dal punto di vista psicologico infatti il trauma può riservare un’occasione di crescita, innescando un’evoluzione positiva per l’individuo.

Più nello specifico, tuttavia, non è il trauma in sé che fa crescere; sfido chiunque infatti a ringraziare per questo motivo quell’incidente automobilistico, quella malattia invalidante o quell’aggressione sotto casa!

Un certo Lance Armstrong a questo punto obietterebbe dicendo, come ha già fatto più volte, che “il cancro è la miglior cosa che mi sia mai capitata”. Infatti dopo una diagnosi di cancro ai testicoli nel 1996 e due rischiosissime operazioni chirurgiche il ciclista vinse 6 volte di fila il Tour de France. E Armstrong non è un caso isolato, sempre in ambito sportivo possiamo ricordare le favolose rinascite di Alex Zanardi e Giusy Versace che hanno saputo continuare la loro passione nonostante il nuovo assetto fisico e sono diventati di ispirazione per altri.

“Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa.” (A. Zanardi)

In che modo possiamo crescere?

Vogliamo a questo punto descrivere il concetto di “crescita prost-traumatica” e gli elementi che sostengono il vivere questa esperienza in un’ottica positiva. La crescita post-traumatica indica la tendenza a riferire cambiamenti positivi a livello personale e sociale dopo aver vissuto un trauma (Prati, 2007). La psicologia si è da sempre interessata allo studio dei meccanismi psicopatologici derivati da un evento traumatico (si pensi ad esempio alla quantità di letteratura relativa alla nevrosi post-traumatica da stress), tuttavia negli ultimi 20 anni le ricerche si sono indirizzate in modo più sistematico sui cambiamenti positivi, individuali e sociali, innescati da tali eventi negativi. (Calhoun e Tedeschi, 2006; Pietrantoni e Prati, 2006). Secondo una ricerca di Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun circa il 70% dei sopravvissuti ad un trauma ha riportato una crescita psicologica positiva. Nel tempo sono stati inoltre costruiti strumenti psicometrici per misurare in modo scientifico i cambiamenti positivi raccontati da chi aveva sperimentato un trauma, tra i quali ricordiamo: il Post-Traumatic Growth Inventory (Tedeschi e Calhoun, 1996), la Benefit Finding Scale (Antoni et al.,2001; Mohr et al., 1999; Tomich e Helgeson, 2004). I cambiamenti positivi maggiormente riportati riguardano la percezione della propria forza personale, un rinnovato apprezzamento della vita e migliori relazioni interpersonali. Altri cambiamenti seppur meno frequenti riguardano invece un cambiamento religioso o spirituale e la scoperta di nuove possibilità. Frankl (1963), l’ideatore della logoterapia, sostiene che la sofferenza obbliga le persone a trovare un significato nella vita e che questa ricerca può trasformare una tragedia in un trionfo. L’evento traumatico destabilizza, a volte frantuma, le credenze e le convinzioni sulle quali l’individuo ha organizzato la propria esistenza fino a quel momento. L’esito di questa devastazione può essere o una psicopatologia o un thriving, letteralmente “rifiorire”, all’interno di queste tre aree di crescita (Tedeschi, Park, e Calhoun (1998):

  1. cambiamento nella percezione di sé: il mindset transita da sentirsi “vittime” del trauma a considerarsi “survivor”. Questo nuovo approccio mentale consente una maggiore consapevolezza delle proprie fragilità e una rinnovata fiducia in se stessi. Il sentirsi sopravvissuti ad un evento drammatico, inoltre, apre maggiormente la porta agli altri e alla richiesta d’aiuto, proprio perché il survivor non è detto che possa farcela da solo.
  2. cambiamento nelle relazioni interpersonali: in questo caso il cambiamento è nella qualità delle relazioni, che diventano più profonde, più empatiche, di maggiore valore. Il senso di vulnerabilità, inoltre, può aumentare l’espressione di emozioni, l’accettazione di un aiuto, la compassione e l’altruismo per altri che vivono simili situazioni
  3. cambiamento nella filosofia di vita: a questo livello il trauma aiuta a diventare più saggi nei confronti della vita stessa, apprezzandone maggiormente le sfumature e valorizzando ogni istante come se fosse l’ultimo. Per alcuni questo tipo di cambiamento significa ritrovare o riaffermare una componente spirituale intrinseca. La saggezza può essere definita come l’abilità nel vedere gli eventi all’interno di un’ampia prospettiva, nell’integrazione di aspetti cognitivi ed emotivi delle esperienze, nell’essere sereni nonostante il dolore o addirittura arricchiti da esso.

Il “Thriving” rappresenta una trasformazione, una evoluzione dlel’individuo ad un livello superiore di conoscenza e di consapevolezza, andando oltre il concetto stesso di resilienza (per un approfondimento sul tema leggi anche L’arma per non affondare: la resilienza).

Ci sono precisi fattori che aumentano la probabilità di trasformare un evento negativo e doloroso in un passaggio verso una consapevolezza superiore, verso una reale trasformazione di sé?

sky-1107952_1920Intanto chiariamo che attraversare un trauma “non è gratis”, che ogni crescita è fatta di fatica e perseveranza; se però tanti possono considerarsi survivor significa che siamo predisposti per questo tipo di crescita e che abbiamo tutte le risorse per farcela (leggi anche Cambiamento e trasformazione). L’esito positivo che tutti vorremmo avere è in parte determinato anche dalle cosiddette “condizioni pre-trauma”, ovvero:

Speranza e ottimismo: le persone che si allenano a vedere ottimisticamente la propria esistenza e a nutrire la speranza del positivo avranno una risposta di maggiore flessibilità, apertura ed attività nel momento in cui si rivedono gli obiettivi, le prospettive ed i comportamenti come conseguenza di un trauma.

Stile cognitivo aperto e complesso: “Le persone che elaborano lo stress in una maniera che include sia la parte affettiva che quella intellettuale, che tollerano l’ambiguità e l’incertezza, che percepiscono nuove connessioni e prospettive, che affrontano creativamente il trauma, sono coloro che hanno maggiore possibilità di crescere nelle avversità” (G. Prati)

Salute mentale pre-trauma: su questo aspetto facilmente si può dedurre che chi ha una salute bassa prima del trauma potrebbe soccombere piuttosto che esperire una crescita. Tuttavia le ricerche affermano che anche coloro i quali hanno già metabolizzato una serie di competenze per affrontare positivamente un trauma, magari poiché vi sono già passati, potrebbero esperire un “effetto soffitto” per il quale il livello più alto delle caratteristiche della persona riduce l’effetto della crescita come conseguenza dell’evento. La condizione ideale per avere maggiore probabilità di trarre benefici da un trauma è disporre dei fattori prima descritti (speranza, apertura, flessibilità) e vivere un momento di insoddisfazione.

Nell’affrontare il momento del trauma infine risulta vincente il pensiero creativo e “caotico”: tanto più l’evento è “sismico” tanto più gli schemi di ragionamento pre-trauma non possono funzionare. Paradossalmente la strategia d’azione più adatta è l’abbandonarsi al trauma, senza contrastarlo, senza cercare di incasellarlo in costrutti di significato già esistenti. Solo quando siamo immersi nel trauma possiamo far fiorire soluzioni diverse mettendo in connessione elementi disgiunti fino a poco prima.

Un primo passo in direzione della crescita è riconoscere che gli schemi d’azione e di pensiero a cui eravamo abituati hanno perso completamente di valore e che è necessario costruirne di nuovi con nuovi significati.

Un secondo è riprendere il concetto di “crisi” provando a guardarci dentro. I cinesi usano un ideogramma per quesRisultati immagini per crisi opportunità ideogrammata parola che è la combinazione di simboli che significano pericolo ed opportunità, giusto per ricordarci che ci sono entrambi gli ingredienti a sostegno della crescita individuale.

Un terzo passo è la prima azione che scegliamo di fare per raggiungere il nostro nuovo equilibrio. Per uscire trasformati da un trauma “Siamo obbligati a riconsiderare le cose che abbiamo sempre dato per scontate, siamo costretti a pensare a cose nuove. Gli eventi negativi possono essere così forti da obbligarci a formulare domande a cui altrimenti non saremmo mai arrivati”, dice Marie Forgeard.

good-1122969_1920In conclusione a questo articolo proviamo a ripensare all’evento traumatico che ha caratterizzato la nostra vita fin qui, appreziamo le trasformazioni che ci ha rivelato e quello che abbiamo conquistato passandoci attraverso. Anche se la vita ci ha regalato eventi piacevoli e se facciamo fatica a isolarne uno davvero traumatico possiamo comunque allargare da subito la nostra consapevolezza e allenare il pensiero costruttivo, fatto di speranza e della convinzione di avere tutto il necessario per evolverci, di nuovo.

La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie. John Maynard Keynes


Bibliografia

L. Calhoun, R. Tedeschi, R., Posttraumatic growth:Future directions. In R.Tedeschi, C. Park,
& L. Calhoun (Eds.), Posttraumatic growth: Positive changes in the aftermath of crisis (pp. 215-238). Mahwah, NJ: Erlbaum, 1998.
F.W. Nietzsche, F. W. , Ecce homo – come si diventa ciò che si è. Milano: Adelphi,1996.
G. Prati, Introduzione alla crescita post-traumatica, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Bologna, 2005.
G. Prati, Fattori che promuovono il processo di crescita post-traumatica: una meta-analisi. Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Bologna, 2007.

 

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