“Spesso assaporiamo un senso di trascendenza, come se i confini del sé si fossero improvvisamente espansi. Il marinaio si percepisce un tutt’uno con il vento, la barca e il mare. Il cantante avverte una sensazione di armonia universale. In quei momenti la consapevolezza del tempo scompare, le ore sembrano volare via senza che ce ne si accorga.”
(Csikszentmihalyi, 1975)
Avete mai provato quella sensazione di completo coinvolgimento in un’attività?
Quello stato in cui sembra che tutto vada al meglio e da cui si trae un’immensa gratificazione?
Gli anglosassoni descrivono questo stato come “to be in the bubble. Spesso, questo linguaggio viene usato per esprimere le proprie sensazioni rispetto ad una condizione di coscienza alterata (causata da droghe e alcohol) o quando vi è una spiccata sintonia tra due persone, come se fossero connesse mentalmente una all’altra. Nell’esperienza di cui parliamo in questo articolo non vi è niente di più sano.
Anche la traduzione italiana rende bene l’idea: “stare dentro una bolla”, come se si fosse isolati dal contesto esterno che non è di pertinenza in quel momento, ma allo stesso tempo le sensazioni interne e l’ambiente più prossimo fossero percepite in modo più profondo e più pieno. E’ da precisare che questo stato prende forma grazie proprio all’interazione continua tra sé e l’ambiente circostante, in cui si sperimenta un senso di armonia complessivo. Secondo le esperienze personali, viene data particolare rilevanza allo stato interiore percepito, indipendentemente dalla tipologia di attività che si sta svolgendo. Infatti, possiamo sentirci trasportati, coinvolti e gratificati in ogni momento, mentre cuciniamo, mentre leggiamo, mentre lavoriamo, mentre suoniamo, mentre facciamo sport, mentre viaggiamo.
Stiamo parlando di esperienza ottimale o flow experience, ovvero quello stato di coscienza che si prova mentre si svolge un’attività sfidante, in cui ci si sente completamente immersi e gratificati dal fatto stesso di compierla.
Come è possibile vivere questo tipo di esperienza?
Sono nove le dimensioni che contraddistinguono questo stato.
- Una delle caratteristiche dell’attività è che deve essere stimolante per noi stessi. In particolare, ognuno di noi deve percepire che quel tipo di compito che ci si appresta a compiere sia all’altezza delle nostre abilità. In altre parole, ognuno di noi deve PERCEPIRE EQUILIBRIO TRA LA COMPLESSITA’ DEL COMPITO E LE ABILITA’ PERSONALI a disposizione per farvi fronte. Vi sono diversi scenari in cui l’equilibrio non è percepito e ci si ritrova a vivere esperienze poco piacevoli. Se, ad esempio, percepisco che ciò che devo compiere è estremamente semplice e poco stimolante rispetto alle mie abilità, determinando uno sbilanciamento a favore delle capacità, l’esperienza che vivrò sarà caratterizzata dalla noia. Quando, oltre alla bassa difficoltà della sfida, percepisco di non avere sufficienti capacità per svolgerla, mi troverò in una situazione di apatia. Una terza condizione in cui non si sperimenta il flow è possibile quando la difficoltà del compito supera di gran lunga la percezione che ho delle mie abilità per fronteggiarlo. In questo caso si cade in uno stato di ansia e di stress negativo. Attenzione: in ciascuna di queste situazioni si parla di percezione soggettiva di sé e dell’ambiente circostante e non di situazione oggettiva, sottolineando che ciò che più importa è come ci sentiamo dentro.
- La seconda dimensione ha a che fare con quella sensazione di stare dentro una bolla, infatti è necessario che la propria coscienza sia completamente impegnata in ciò che si sta svolgendo, riuscendo a sentirsi tutt’uno con l’attività. Deve esserci UNIONE TRA AZIONE E COSCIENZA, evitando che stimoli distraenti e poco pertinenti con il compito colgano la nostra attenzione e dirigano le nostre risorse al di fuori dell’attività prefissata. Quando ciò avviene si sperimenta un senso di continuità tra sé e l’attività in atto, quasi come se le proprie azioni fossero automatiche e spontanee (in realtà non sono azioni automatiche e richiedono un grande dispendio di energia), promosse da una percezione di naturalezza e fluidità dei movimenti.
- E’ fondamentale che ciascuno di noi abbia chiaro in mente quale sia l’obiettivo della propria attività. La specificità degli obiettivi permette di immergerci completamente in ciò che si fa e, inoltre, supporta i processi legati all’attribuzione di significato al raggiungimento dell’obiettivo. Sotto questo punto di vista, più sarà chiara la meta più sarà possibile percepire l’equilibrio tra sfida e abilità. Peraltro, è l’attività stessa che permette di prefigurarsi METE CHIARE (obiettivi sia prossimali che distali) in funzione dalla continua interazione tra sé e il contesto, la quale da’ luogo all’esperienza di flusso. (vedi anche Come trasformare i buoni propositi in obiettivi)
- Come abbiamo già detto, è necessario un grande dispendio di energie affinché dall’interazione tra sé e l’ambiente circostante vengano raccolte tutte le informazioni per mantenere lo stato di flusso. E’ proprio grazie alla situazione di immersività che riusciamo a cogliere FEEDBACK IMMEDIATI, sia rispetto a noi stessi che all’attività, in modo che vengano apportate le necessarie modifiche al proprio comportamento se qualcosa non funziona in modo ottimale o che si mantenga la stessa condotta se l’obiettivo si avvicina sempre di più.
- La CONCENTRAZIONE SUL COMPITO deve essere massima e focalizzata sul qui ed ora, proprio nel momento in cui l’azione avviene. Affinché il flusso non venga interrotto, la mente deve essere completamente sgombra da ogni pensiero non pertinente in quel momento. I confini della bolla devono essere chiari e rispettati in modo che le energie non vengano disperse altrove e la nostra prestazione sia supportata dall’attivazione di tutte le risorse di cui disponiamo.
- È necessario percepirci agenti attivi e non spettatori passivi di quel che ci sta succedendo, il SENSO DI CONTROLLO è la sesta dimensione. E’ la facoltà di far accadere le cose, di intervenire sulla realtà, di esercitare un potere causale su di essa, sviluppando un senso di autoefficacia. Quest’ultima è, quindi, il motore dell’azione e sentirsi in grado produrre dei cambiamenti su noi stessi o sul contesto corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati, coerenti con gli obiettivi prefissati. Proseguendo lungo questa direzione migliora anche la nostra capacità di fissare obiettivi sempre più sfidanti.
- La PERDITA DI AUTOCONSAPEVOLEZZA contribuisce alla fluidità di azione, la quale proviene dal totale assorbimento dell’attività in atto. È necessario sottolineare che consapevolezza e coscienza, di cui abbiamo parlato prima, sono due funzioni distinte anche se in interazione tra loro. La coscienza è l’attenzione non critica e non reattiva agli stati interiori, coglie l’oggettività del reale. L’autoconsapevolezza, invece, richiede un processo interpretativo, infatti, prende in esame e valuta ciò che la coscienza coglie, associandone significati. Può avvenire anche il processo alla rovescia, cioè passando dalla consapevolezza alla coscienza. Venendo a mancare la fase di valutazione di ciò che avviene, tutto scorre in modo più fluido e naturale.
- La DESTRUTTURAZIONE DEL TEMPO è una componente quasi conseguente a tutto ciò che avviene in quel dato momento. È un fenomeno che permette di percepire lo scorrere del tempo in maniera diversa dal suo reale andamento; l’orologio interiore si modifica soggettivamente, per alcuni accelera, per altri rallenta, per altri ancora si ferma.
- L’ultima dimensione da cui è caratterizzato il flow è l’ESPERIENZA AUTOTELICA. Si può definire tale un’esperienza quando alla base dell’attività che svolgiamo vi è la motivazione intrinseca. Grazie ad essa i compiti sono eseguiti per il piacere di farli e secondo un obiettivo di prestazione (ad es. migliorarsi) e non di risultato, orientato ad ottenere premi e riconoscimenti. A volte, si parla di una vera e propria personalità autotelica equipaggiata ad esperire frequentemente lo stato di flow, in cui diventano preponderanti il senso di divertimento, piacevolezza e appagamento nell’attività.
Quali sono i benefici della flow experience?
Parlare di flow vuol dire parlare di esperienza ottimale (optimal experience), ovvero di uno stato in cui si percepisce un elevato senso di benessere, associato anche ad un miglioramento del concetto di sé, ad una valutazione positiva dell’esperienza sia soggettiva che oggettiva. L’esperienza ottimale è in grado di permettere la crescita e lo sviluppo di alcune abilità messe in campo nel momento in cui si svolge un compito. Di conseguenza, per mantenere l’equilibrio tra sfide e abilità, gli obiettivi dovranno crescere di difficoltà, dandoci la possibilità di migliorarci sempre di più in un flusso continuo. Inoltre, secondo la Teoria della selezione psicologica (Delle Fave, Massimini, 2004) le persone tendono a ricercare e a riprodurre selettivamente situazioni e attività da cui derivano stati esperienziali positivi e gratificanti, come lo stato di flow.
In che modo è possibile ricercare e riprodurre esperienze di questo tipo?
Come appena detto siamo predisposti a farlo, ma possiamo anche darci un aiuto. Proviamo ad identificare una di quelle volte che ci siamo trovati in uno stato mentale simile a quello descritto e riflettiamo su alcuni fattori che permettono di aumentare la nostra consapevolezza a posteriori, la quale alimenta la ricerca di questa esperienza.
Cosa stavo facendo?
Come mi sono sentito mentre svolgevo l’attività?
Mi rispecchio in tutte o in alcune delle dimensioni citate?
Come mi sono sentito al termine dell’esperienza?
Se abbiamo percepito uno stato di piena gratificazione, il consiglio è di proseguire su questo percorso e di ricercare sempre queste esperienze perché, con le stesse parole di Csikszentmihalyi (principale autore della flow experience), “questo stato di coscienza è ciò che di più vicino alla felicità”.
Bibliografia
Bandura, 1975
Csikszentmihalyi, 1975, 2002
Delle Fave, Massimini, 2004
Hawort, 1993
Jackson, Roberts, 1992
Jackson, 1992;
Jackson, Ford, Kimiciek, Marsh, 1998
Jackson, Thomas, Marsh, Smethurst, 2001
Nicholls, Polman, Holt, 2005