Agli uomini in generale manca la costanza nei propositi, e ciò fa sì che le loro imprese quasi sempre rovinino. Il difetto di costanza si manifesta in due maniere: o col mutar disegno appena scelto, o col mancare di coraggio alle prime contrarietà. (F. D. Guerrazzi)
3,2,1…Buon anno!
L’anno nuovo è arrivato e i consueti buoni propositi di capodanno acquistano ragion d’essere e diventano ufficialmente esecutivi. Quanti di noi infatti allo scoccare della mezzanotte non hanno pensato ad almeno un cambiamento da intraprendere? Quanti “da domani faccio questo, smetto di fare quest’altro, inizio, lascio, cambio, investo, compro….” ci siamo detti? Ecco la top ten dei più frequenti buoni propositi che possiamo trovare nel web, e la cosa più curiosa è che è pressoché la stessa ogni anno:
- Perdere peso
- Diventare più organizzati
- Spendere di meno e risparmiare di più
- Godersi la vita in pienezza
- Tornare in forma e in salute
- Imparare qualcosa di stimolante
- Smettere di fumare
- Aiutare gli altri a realizzare i loro desideri
- Innamorarsi
- Trascorrere più tempo in famiglia
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Psychology da parte dell’Università di Scranton in Pennsylvania il 50% degli Americani si impegna a stilare una lista di buoni propositi per il nuovo anno ma solo l’8% li mantiene, altre indagini affermano che arrivati a giugno 6 persone su 10 hanno già abbandonato i loro piani, e che il 20% delle persone si troverà a stilare un elenco di buoni propositi identico l’anno seguente. Cosa comporta questa alta probabilità di fallimento? Forse l’atmosfera festosa onnubila la mente e scioglie la motivazione ad agire?
Il rito dei buoni propositi
Non è un caso che alla fine di ogni anno ci troviamo a tirare le somme su quanto abbiamo vissuto nei mesi precedenti volgendo lo sguardo sui successivi e sperando genuinamente di migliorare la nostra situazione. Succede ad ogni momento della vita quando siamo di fronte ad un momento di transizione: quando cioè si chiude una ciclicità naturale o convenzionale nella nostra mente si compone una totalità e si liberano energie per aprire nuovi contenitori di esperienze.
La ritualità del capodanno è variegata a seconda delle diverse culture e tradizioni, quello che però le accomuna è il profondo significato simbolico di separazione, rispetto al passato, e di rinnovamento, nei confronti del futuro. E così anche i nostri buoni propositi possono rappresentare a livello simbolico una chiusura e un’apertura: di fatto sono un’opportunità generativa e di mutazione che non dovrebbe andare a vuoto.
Quali sono allora le ragioni che non ci permettono di portare a termine i nostri buoni propositi?
- Mancanza di realismo: talvolta ci proponiamo di cambiare troppo e troppo in fretta dimenticando che il cambiamento è un processo, non un evento, che deve essere preparato e agito fino alla fine. “Nel nuovo anno andrò in palestra tutti i giorni” è molto ambizioso se non si è abituati a fare sport, così come “Passerò dalla taglia 48 alla 42 entro Pasqua” non è fattibile stando in salute. Inoltre capita spesso di voler cambiare in un solo mese, soprattutto in gennaio, una situazione che si protrae da un tempo ben più considerevole.
- Mancanza di concretezza: “Mi piacerebbe muovermi di più, arrabbiarmi di meno, fare un lavoro diverso” sono desideri, forse speranze, che però non bastano a sostenere una reale motivazione al cambiamento. Se davvero mi interessa cambiare qualcosa devo aver chiaro cosa, come e quando farlo!
- Pensare a quello che voglio nei termini di quello che non voglio: così facendo concentriamo le nostre energie proprio su quello che non ci soddisfa invece di fare qualcosa in una direzione diversa. Ad esempio dirsi “Non voglio più litigare con quella persona” paradossalmente incentiva il comportamento disfunzionale invece di aiutarci a trovare il modo di relazionarci diversamente. Questo perché il linguaggio dei neuroni lavora per immagini e non ammette negazioni: “Non pensate ad un elefante rosa!”. Inutile scrivere a cosa state pensando ora.
- Impegnarsi in qualcosa per soddisfare le aspettative degli altri: può capitare di voler cambiare qualcosa di sé non tanto perché lo si voglia davvero quanto per soddisfare un più o meno esplicito desiderio degli altri. Questa è la causa di fallimento con gli impatti più devastanti per la relazione con l’altro, e comunque vada ne usciamo feriti. Infatti non riuscendo nell’intento possiamo dare la colpa all’altro (sei tu che volevi che io…) il quale, per legittima difesa, dovrà rispondere con la stessa moneta (io non ti ho chiesto proprio niente, oppure, sapevo che non ne saresti stato capace)
- Difficoltà nel gestire gli imprevisti e le tentazioni: la realtà è infatti molto meno lineare di quello che ci aspettiamo. Durante il percorso di cambiamento possono intercorrere avvenimenti inaspettati, generando di fatto un cambiamento nel cambiamento, e se non abbiamo abbastanza resilienza ci troviamo a desistere rispetto all’intenzione originaria (per un approfondimento sul concetto di relisienza leggi anche L’arma per non affondare: la resilienza).
Agire la trasformazione per avere successo
“Mai nulla di splendido è stato realizzato se non da chi ha osato credere che dentro di sé ci fosse qualcosa di più grande delle circostanze” (B. Barton)
Chi ben comincia è a metà dell’opera, dice un vecchio proverbio. La prima cosa che possiamo fare per avere successo nei nostri buoni propositi è adottare il corretto mindset: pensare per obiettivi. Il buon proposito è già un modo di pensare “buono”, peggio sarebbe stilare una lista di disastrosi propositi per il nuovo anno. Tuttavia questo modo di pensare è debole e fragile per le ragioni che scrivevamo sopra. Per questo ci serve pensare per obiettivi, o come dice S. Covey “partire con la fine in testa”.
Da dove si comincia?
Intanto da un prezioso momento di riflessione all’interno del quale chiedersi:
Quali elementi, quali mie caratteristiche posso esprimere di più?
Di cosa posso essere capace in questo nuovo anno?
Se vuoi ottenere qualcosa di più da te stesso e dal contesto che hai costruito devi impegnarti a cambiare, devi osare chiedere qualcosa di più a te stesso. Cambiare significa far fatica perché ogni cambiamento ci porta a rompere la nostra comfort zone, cioè quell’insieme di usanze, abitudini, convinzioni che ci accompagnano nel quotidiano. Prima però di definire un obiettivo e impegnarsi a conseguirlo, prima di buttarci nel nuovo anno in sostanza, diamo ancora un’occhiata a quello appena concluso, guardiamolo con benevolenza e proviamo a riflettere su cosa abbiamo imparato:
2.Dall’amore
3.Dal piangere per
4.Dalla perdita di
5.Dall’essere ferito da/per
6.Dal male sperimentato
7.Dall’aver dovuto reprimere
8.Dal momento di gioia più intenso
9.Dall’aver fatto la scelta di
10.Dall’aver chiesto
Bene. Ora siamo pronti per costruire i nostri obiettivi per il 2016.
“Se non definisci i tuoi obiettivi sei destinato a lavorare per conseguire gli obiettivi di qualcun altro” B. Tracy
La parola obiettivo deriva dalla radice latina ob iactum che significa “lanciato in avanti”: l’obiettivo è qualcosa per la quale vale la pena impegnarsi. L’ingrediente principale per un obiettivo vincente è la passione: impegnati per qualcosa che davvero ti piace, che davvero ti possa migliorare. Dimostrare passione implica avere una buona ragione per resistere, patendo con sforzo per il risultato. Ecco allora che possiamo già scremare la lista dei buoni propositi: se qualcosa non accende in noi la passione o non è realmente una cosa in cui crediamo, quindi è da eliminare, o magari possiamo articolarla in modo diverso in modo che ci attivi verso il traguardo finale. Ragionare per obiettivi implica anche strutturare un piano d’azione procedendo passo-passo:
Primo Step: Pensando al nuovo anno scrivi 3 obiettivi
Mettere nero su bianco i propri obiettivi non solo formalizza l’impegno quanto aumenta la probabilità di raggiungere il risultato. Tre obiettivi e non una lista di obiettivi: questo contribuisce a rendere il percorso più fattibile. L’importante poi è iniziare dal primo obiettivo e solo una volta completato passare al successivo.
Secondo Step: fai in modo che i tuoi obiettivi siano SMART
L’acronimo SMART presentato da G. Doran nel 1981, per alcuni già presente nel libro “The Practice of Management” di Peter Drucker (1954) è il più diffuso metodo per la costruzione di un obiettivo efficace:
Specifico, cosa esattamente vuoi migliorare di te?
Misurabile, come ti assicuri di essere sulla strada corretta? Come misuri i tuoi risultati?
Ambizioso, è abbastanza stimolante per te? Accende la voglia di portarlo a termine?
Realistico, lavorando con costanza e fatica è raggiungibile?
Tempo- limitato, entro quando consideri completato il tuo obiettivo? Senza una scadenza l’obiettivo si riduce ad un buon proposito.
Terzo Step: sostieni la tua motivazione osservando alcuni criteri di goal setting
Nello scrivere i tuoi obiettivi:
Usa i verbi in prima persona singolare: ti sentirai più responsabile nel raggiungerlo “Desidero migliorare il mio stato di benessere”
Usa il tempo presente e non il futuro: la nostra mente si attiva più velocemente se si innesca un senso di urgenza: “desidero migliorare” ha più presa del generico “migliorerò”
Formula delle definizioni per descrivere il raggiungimento dell’obiettivo: renderà il percorso più concreto e il traguardo più fattibile: “raggiungo il mio obiettivo quando percepisco una sensazione di calma interiore”, “posso ritenermi soddisfatto quando faccio quattro piani di scale a piedi senza ansimare”
Individua i possibili ostacoli che incontrerai durante il cammino: riuscirai a superare con maggiore determinazione le inevitabili variazioni rispetto al programma originale.
Individua le persone alle quali puoi chiedere supporto: anche se l’obiettivo è personale non è detto che tu non possa farti supportare da altri per il suo conseguimento. Individuare un buddy-coach ti aiuterà a mantenere la motivazione e a trovare sostegno nel superare le resistenze al cambiamento.
Adesso non manca che un ultimo ingrediente: la convinzione di efficacia
“Chi sa concentrarsi su qualche cosa e perseguirla come unico scopo ottiene, alla fine, la capacità di fare qualsiasi cosa.
M.Gandhi
Pensando a te stesso allenati a valorizzare le tue risorse usando “convinzioni potenzianti” come ad esempio: “Sono capace di…, sono bravo nel…, sono riuscito a…, ce l’ho fatta a resistere a…”. La paura del fallimento di fronte ad un obiettivo è una condizione umana, naturale (per un approfondimento leggi anche La paura di fallire ci fa fallire ugualmente): abbiamo comunque la possibilità di vincere le nostre resistenze al cambiamento, possiamo sempre fare un’azione, anche piccola, verso il nostro successo.
Hai il 100% di probabilità di fallire le puntate che non giocherai: se non credi di essere capace di raggiungere il tuo obiettivo come potranno crederci gli altri?
Bibliografia
G. T. Doran, “There’s a S.M.A.R.T. way to write management’s goals and objectives.”, in Management Review 70.11, Nov. 1981.
A. P. Raia, “Goal setting and self-control”, in Journal of Management Studies, Feb 1965, Vol. 2 Issue 1, p34-53, 20p, 31 Oct. 2008.