Da sempre è noto come le emozioni ed i pensieri possano influenzare l’equilibrio intestinale: a tutti è capitato di “avere lo stomaco chiuso” per via di una forte emozione, oppure di avere “la pancia sottosopra” in circostanze stressanti o ancora di tornare ad aver fame con il miglioramento dell’umore e via dicendo. Come è possibile che il nostro apparato digerente risenta in modo così importante delle nostre condizioni psicologiche? La scienza sta trovando le risposte a quelle che erano delle conoscenze finora soltanto intuitive.
Il secondo cervello
L’intestino presenta un insieme di neuroni molto numeroso e ben organizzato: sono circa 200-600 milioni. Se il “primo” cervello, nella scatola cranica, è dotato di circa 100 miliardi di cellule nervose, rimane il fatto che il numero di neuroni presenti nell’intestino è superiore a quello delle cellule nervose contenute nel midollo spinale al punto da giustificare il soprannome di “secondo cervello” .
Il cervello enterico è organizzato in due grandi plessi nervosi: il plesso submucoso o di Meissner, che interessa nello specifico solo l’intestino, e il plesso mienterico o di Auerbach, distribuito sull’intero canale alimentare.
Un sistema autonomo
L’intestino è considerabile un secondo cervello non solo per l’entità e la dimensione della sua componente nervosa, ma anche perché è dotato di organizzazione autonoma, come dimostrato dal fatto che se una persona viene sottoposta a vagotomia [intervento che comporta la sconnessione del nervo vago, che conduce le informazioni dal cervello all’intestino, con il sistema nervoso enterico] l’intestino prosegue le sue funzioni. Il fatto che non si paralizzi, come ci si aspetterebbe se la sua attività dipendesse esclusivamente dal cervello, è indice della dipendenza delle sue funzioni dalla rete nervosa che gli è propria.
L’onda nervosa che fa sì che il cibo proceda lungo il tratto intestinale fino alla sua espulsione, detto onda peristaltica, è governata dal cervello enterico. A dare il ritmo, nello specifico, sono un gruppo di cellule, dette cellule interstiziali di Cajal, che sono in grado di dare il tempo alle contrazioni. E’ stato visto che queste cellule possono andare incontro a danneggiamento, invecchiamento e morte e che tendono a diminuire in modo significativo con l’età (13% in meno ogni 10 anni). Proprio la loro riduzione numerica o compromissione potrebbe dar ragione dell’alterazione del ritmo intestinale che si riscontra negli anziani, sia in eccesso con aumento della diarrea, che in difetto, favorendo la stipsi.
La rete nervosa enterica presiede anche altre funzioni come la secrezione di succhi gastrici e pancreatici, che partecipano alla digestione del cibo.
La comunicazione tra i due cervelli
Il fatto che il cervello intestinale goda di una sua autonomia non significa però che sia autartico.La stretta comunicazione tra i due sistemi, quello nervoso centrale e quello intestinale, è garantita dal sistema nervoso vegetativo, rappresentato in particolar modo dal nervo vago, e dal sistema immunitario.
Gli studi recenti hanno iniziato a mostrare come non è solo il cervello ad influenzare l’intestino, ma avviene anche il processo inverso. Ecco allora che una buona salute intestinale diventa un requisito essenziale per promuovere il benessere globale della persona.
L’interazione tra i due cervelli è necessaria a garantire una buona digestione. La digestione è un processo complesso che vede il cibo percorrere un lungo tragitto attraverso l’intero tratto alimentare ed essere processato da numerosi enzimi e sostanze. Una perturbazione nervosa o un’emozione possono causare interferenza. Basti pensare, per esempio, a quanto incide il contributo del primo cervello sulla secrezione di succhi pancreatici, necessari per la realizzazione del processo digestivo: attraverso il nervo vago il cervello stimola direttamente il pancreas a produrre il 20% dei succhi pancreatici totali prima dell’inizio del pasto a cui si aggiunge un’ulteriore induzione del 10% a pasto avviato. Ciò significa che un terzo della produzione di enzimi pancreatici è ascrivibile al cervello.
L’interferenza dello stress
Il primo cervello stimola la produzione di acido cloridrico da parte dello stomaco, favorendo l’instaurarsi della condizione necessaria per la digestione (la pepsina, enzima cruciale per la digestione, si attiva solo a pH 1,5-3) e per l’uccisione di microbi potenzialmente patogeni. E’ però importante che l’acidità gastrica non sia eccessiva, se no viene ad essere danneggiato lo stomaco stesso. In condizioni normali lo stomaco produce pochi millimetri di acido cloridrico, mentre in condizioni stressanti arriva a produrne fino a 50 millilitri. D’altro canto lo stress va a bloccare un meccanismo importante che viene attuato dalle cellule duodenali dell’intestino per proteggersi dall’acidità proveniente dallo stomaco: le cellule di Brunner hanno il compito di produrre muco per proteggere la mucosa intestinale. Lo stress interferisce con la loro attività e quindi da una parte promuove la produzione di più acido cloridrico, dall’altra blocca il meccanismo di difesa dall’acido cloridrico stesso. Questo è uno dei meccanismi che favorisce l’insorgenza di ulcere peptiche nel duodeno.
Lo stress a livello del colon favorisce invece sovrapproduzione di muco. Questo, in alcuni soggetti, comporta evacuazioni importanti in condizioni di grande coinvolgimento emotivo.
Anche il sistema immunitario intestinale risente negativamente dello stress, soprattutto se di natura cronica. Lo stress (per una spiegazione più specifica vedere Lo stress: una definizione tra medicina e psicologia) è infatti in grado di promuovere un eccesso di ormoni dello stress, come cortisolo, adrenalina e noradrenalina, e neurotrasmettitori come CRH. Quest’ultimo, se in eccesso, promuove l’attivazione delle cellule mastoidi (cellule immunitarie ampiamente presenti nella mucosa intestinale) in grado di generare un forte stato di infiammazione che può causare una vasta gamma di di patologie a carico di stomaco e intestino, tra cui ulcere, morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa e via dicendo.
Le emozioni a tavola
Da quanto sinora espresso appare sempre più chiaro che lo spirito con cui ci si approccia a mangiare riveste un ruolo importante. La dimensione culturale e sociale dell’alimentazione, e quindi la preparazione, la consumazione, il posto in cui si mangia e la compagnia, contribuiscono alla digestione. Ecco allora che l’idea di approcciarsi a consumare il pasto con la mente e il cuore sereno e godendosi quegli attimi (suggerimenti presenti in tutte le culture) può garantire una migliore salute.
L’ideale sarebbe mettersi a tavola evitando le discussioni, in compagnia (è stato osservato che si mangia di meno rispetto ai pasti consumati in solitudine) e con l’attenzione rivolta a quanto si sta facendo.
Vedi anche:
Il Microbiota umano: un coinquilino indispensabile
Microbiota intestinale e obesità
Il microbiota, l’abuso di antibiotici e l’aumento di peso
Il cuore: il nostro terzo cervello con un potente campo elettromagnetico
Bibliografia:
- Bottaccioli F, Bottacioli AG e Carosella A, La saggezza del secondo cervello, II edizione, 2015, Tecniche Nuove
- Mawdsley JE et al., The effects of acute psychologic stress on systemic and rectal mucosal measures of inflammation in ulcerative colitis, Gastroenterology 2006; 131: 410-419
- Thorens B. Neural regolation of pancreatic islet cell mass and function, Diabetes, Obesity and Metabolism 2014; 16 (1): 87-95
- Gomez- Pinilla PJ et al. Changes in interstitial cells of Cajal with age in the human stomach and colon, Neurogastroenterol Motil 2011; 23 (1): 36-44
- Furness JB et al. The enteric nervous system and gastrointestinal innervation: integrated locsl and central control Adv Exp Med Biol, 2014; 817: 39-71