“Non è importante vedere posti diversi con gli stessi occhi, quanto è importante vedere gli stessi posti con occhi diversi” Lucio Anneo Seneca
Provate a chiedere ad almeno 5 persone, anche senza conoscerle: “Cambieresti qualcosa della tua vita? Cambieresti qualcosa di te stesso?” Cosa vi immaginate di ricevere come risposta?
Il cambiamento affascina tutti, solo alcuni risponderanno con un secco no. Aspettate ancora un attimo a lasciar andare il vostro interlocutore per la sua strada e chiedete ancora: “Quando lo farai?”. A quel punto le risposte saranno molto più variegate, ovattate tra un “non so…vedremo” e un “quando sarà il momento”, schermate dietro ad un “non dipende da me” e un “fossi più giovane…avessi il tempo…avessi i soldi lo farei”.
Veniamo al dunque: non basta desiderare di cambiare per cambiare. Anzi non basta nemmeno decidere di cambiare per farlo realmente!Il concetto di cambiamento è molto più complesso di quello che sembra e sappiamo per esperienza che riuscire a trasformare un comportamento o una situazione implica molte più energie e fatiche della sua semplice intenzione. Proviamo ad approfondire l’argomento per trovare spunti d’azione e aumentare la consapevolezza rispetto a quanto possiamo fare per vivere in pienezza i piccoli e grandi cambiamenti all’interno del nostro sentiero di crescita.
Di quale cambiamento stiamo parlando?
Se ci fermiamo a riflettere sulla nostra vita scopriamo che è tutta un cambiamento, il nostro corpo cambia di continuo, le altre persone, i contesti, le situazioni fanno lo stesso, quasi come se il cambiamento fosse l’unica cosa costante della nostra esistenza. Il cambiamento è realmente un fenomeno pervasivo e inevitabile nella nostra vita, “noi stiamo sempre cambiando…il cambiamento è la norma. Noi non possiamo non cambiare” (Hall e Duval, 2003). Data la costante del cambiamento come presupposto possiamo solo descrivere questo fenomeno che accompagna la nostra esistenza, isolando criteri o variabili che possono aiutarci a viverlo al meglio. I cambiamenti possono distinguersi per dimensione o per complessità, tuttavia il fattore più determinante per la crescita personale è il controllo, o meglio, la percezione di controllo del cambiamento.
Cercando di ridurre ai minimi termini possiamo individuare due tipologie di cambiamento: occasionale e intenzionale. Il primo è una forma di risposta adattiva, talvolta inconsapevole, all’ambiente che, come abbiamo scritto, cambia in modo costante. Dal cambiamento occasionale di per sé non dipende necessariamente una crescita consapevole dell’individuo: in altre parole possiamo non accorgerci di cambiare all’interno di una situazione che è in costante mutamento. In questo senso si parla di risposta adattiva.
Cosa succede quando ci accorgiamo che le cose stanno cambiando?
A questo punto si aprono due scenari a seconda di quanta responsabilità scegliamo di prenderci all’interno del cambiamento, di quanto controllo pensiamo di avere. Un primo scenario ci porta a pensare che questo cambiamento non dipenda da noi, anche se ne saremo inevitabilmente influenzati: attribuendo la responsabilità del cambiamento all’esterno proviamo a resistergli e ci ancoriamo fortemente alla nostra visione del mondo che, di fatto, lo esclude. James Rotter nel 1966 è stato il primo a parlare di “locus of control”, distinguendo le persone tra quelli che posizionano questo psicologico punto di controllo al di fuori o all’interno di sé. All’interno di un processo di cambiamento mettere all’esterno il punto di controllo significa ritenere qualcun altro o qualcos’altro responsabile della sua attivazione e gestione, così facendo l’individuo sviluppa un senso di frustrazione e impotenza, vivendo il cambiamento come un’imposizione da contrastare o alla quale, alla fine, assoggettarsi passivamente. Come rileva Nanetti (1999) “chi affida la propria felicità a cambiamenti illusori, nella convinzione magica che ogni problema si risolverà cambiando pagina, oppure aspettando il cambiamento degli altri, sta di fatto alimentando la propria sofferenza”.
In un secondo scenario mettere il punto di controllo all’interno vuol dire considerare il cambiamento dipendente (almeno in parte) da se stessi, sentendosi responsabilmente coinvolti nelle azioni da compiere per tirar fuori il meglio dal processo. Questa convinzione di efficacia e di poter fornire un contributo attivo trasforma un cambiamento occasionale in un cambiamento intenzionale, la seconda tipologia di cambiamento che avevamo introdotto. Sottolineo la parola convinzione di efficacia: l’importante infatti non è il controllo effettivo del cambiamento è la percezione psicologica di poterlo influenzare. Cambiare intenzionalmente, allora, non si limita a seguire la scia del cambiamento: vuol dire darsi la possibilità di trasformare il proprio modo di vedere se stessi, le esperienze, i contesti, la realtà stessa.
Il cambiamento intenzionale innesca una vera e propria esperienza trasformativa all’interno della quale possiamo attribuire un diverso significato agli elementi del sistema. Cambiando la nostra prospettiva interna anche i nostri comportamenti all’esterno subiscono immediatamente una metamorfosi. Una relazione di coppia che finisce, una malattia, l’introduzione di un nuovo modo di lavorare, la necessità di trovare un altro lavoro, una nascita, e anche un lutto sono cambiamenti che possiamo incontrare nel nostro percorso. Possiamo scegliere se semplicemente sopravvivere ad essi oppure se viverli in pienezza avviando una trasformazione interiore. E’ solo trasformandoci che passiamo ad un diverso livello di consapevolezza e possiamo evolverci come persone. E inoltre “ogni nostra trasformazione interiore è un rimando costante ad una nuova e consapevole azione sul mondo” (Nanetti, 2007).
Cosa ci serve a questo punto per innescare una consapevole trasformazione?
- Motivazione: chiariamoci esattamente il motivo che ci spinge ad andare verso una situazione o ad allontanarsi da un’altra. Definiamo un obiettivo di cambiamento (per un approfondimento leggi Come trasformare i buoni propositi in obiettivi )
- Decisione: la consapevolezza di voler fare qualcosa sacrificando qualcos’altro. Trasformandoci infatti dovremo rinunciare a qualche abitudine, a qualcuno, a qualcosa, così come la farfalla rinuncia al bozzolo per dispiegare le sue nuove ali. La decisione dipende anche dall’importanza e dalla rilevanza che attribuiamo al cambiamento. Senza lasciare indietro qualcosa non possiamo raggiungere qualcos’altro.
- Creazione: pianifichiamo il cambiamento a partire dalla prima azione utile che possiamo fare, diamoci delle scadenze, individuiamo dei parametri per verificare i nostri progressi.
- Solidificazione: abituiamoci a celebrare i nostri risultati, andiamo alla ricerca delle evidenze positive del cambiamento condividendole con chi è in grado di valorizzarci.
Quali trappole mentali (Prochaska, 1999), quali pensieri distruttivi possiamo incontrare durante la nostra trasformazione?
– Non posso farlo: questo pensiero appare quando il cambiamento tocca aspetti di sé che non sono ancora totalmente consapevoli ed è accompagnato dalla tentazione di attribuire la responsabilità del cambiamento all’esterno (locus of control esterno). Per contrastare questo pensiero chiediamoci invece cosa possiamo fare e sappiamo fare, anche di piccolo per portare avanti il cambiamento.
– Non voglio farlo: è un altro modo per dirsi che non si è disposti a rinunciare ai vantaggi della situazione così come è. E’ facile incorrere in questo pensiero quando i benefici della situazione problematica sono considerati maggiori o equiparabili ai costi ad essa connessi, o quando si rinuncerebbe a vantaggi immediati a fronte di benefici a lungo termine. Siamo davvero disposti a non cambiare per usufruire degli attuali benefici? In tal caso non possiamo lamentarci o maturare frustrazione poiché consapevolmente scegliamo di opporre resistenza al cambiamento. Cosa invece siamo disposti a perdere per aumentare la nostra consapevolezza? Siamo disposti a faticare per evolverci?
– Non so come farlo: è la percezione di non avere abbastanza strumenti per agire il cambiamento. Chi ci può aiutare nella trasformazione? A chi chiederemo supporto?
Qual è allora la tua prossima trasformazione?
“Che tu creda di farcela o di non farcela, avrai comunque ragione!” H. Ford
Bibliografia
Giusti, F. Barbuto, Cambiamento e resistenza in terapia, L’aderenza veloce al trattamento, Sovera Ed, 2014.
L. Hall, M. Duval, Coaching conversations, Neuro-Semantics Pubblications, 2003.
Nanetti, La liberta’ di essere se stessi. comunicazione, remapping, cambiamento, QuattroVenti, Urbino, 1999.
Nanetti, Il cambiamento intenzionale. Psicopedagogia del linguaggio, dei processi cognitivi e della comunicazione, Pendragon, 2007.
J.O. Prochaska, How do people change, and how can we change to help many more people? In M.A. Hubble, B.L. Duncan & S.D. Miller (Eds.), The Heart and Soul of Change. Washington, DC: American Psychological Association Press, 1999.
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