“L’amore non sta nell’altro, ma dentro noi stessi. Siamo noi che lo risvegliamo. Ma, perché questo accada, abbiamo bisogno dell’altro. L’universo ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni.” (Paulo Coelho)
Siamo ancora capaci di condividere? Cosa vuol dire realmente “condividere”? Partiamo da questi due grandi interrogativi per entrare nel vivo significato del tema che in questa sede si vuole affrontare. Certo, se dovessimo fare un breve riassunto della società in cui viviamo e di tutte le sue dinamiche, arriveremo subito a cogliere come l’aspetto della condivisione sia forse quello meno praticato. Questo per diversi motivi: perché non si ha più tempo, perché siamo presi da mille cose, per egoismo, per mancanza di altruismo e via dicendo. Insomma, oggi condividere non è più così semplice. Soprattutto se si tratta di condividere qualcosa di prezioso, parte di noi stessi. Entriamo con positività in questo piccolo-grande mondo e cerchiamo di riflettere e pensare. Perché, ricordiamolo, quando pensiamo siamo tutti filosofi, e come tali dobbiamo cercare senza riserve il senso e la risposta alle domande che ci poniamo.
La filosofia della Condivisione, oltre che un vero e proprio stile di vita, è una corrente di ricerca, un’indagine a livello razionale che coinvolge diversi esperti di diversi campi: filosofi, sociologi e economisti di tutto il mondo, uniti da un forte ripensamento delle strutture economiche e sociali vigenti. Lo scopo di questa indagine è quello di verificare e valutare le migliori condizioni di libertà e di giustizia in una società consumistica dominata dal libero mercato, al quale viene negata ogni capacità di autoregolazione. Secondo diversi esponenti di questa filosofia, l’Occidente sviluppato dovrebbe indirizzarsi verso uno stile di vita più semplice, senza l’eccesso di sovrapproduzione determinata dalla competizione e lo sperpero delle risorse di cui il pianeta dispone, e sostituire il consumismo spinto che fa ormai parte della politica industriale moderna con l’attenzione verso la conservazione dei beni e dell’ambiente, riconoscendone anche il valore spirituale.
L’uomo avrebbe confinato la politica e l’economia a un punto tale nel materialismo profondo, da ritrovarsi nelle circostanze critiche attuali. Occorrerebbero una politica e un’economia spiritualmente orientati per mezzo della condivisione, della giustizia e della libertà per ogni persona. Questo accento sul valore spirituale della natura e di ogni settore delle attività umane si accompagna a una visione dell’uomo ottimistica e positiva, in cui giocano un ruolo chiave la condivisione e l’empatia, ovvero la capacità dell’uomo di immedesimarsi nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona, venuta però meno a causa di una cultura individualistica e consumistica imperante, che antepone l’«io» al «noi». In ogni parte del mondo, gli uomini cominciano a comprendere il fatto di essere tutti legati da uno stesso percorso comune, economico e ambientale insieme, così come comprendono le proprie necessità, l’invincibilità della propria forza nell’esigere i propri diritti innati. Le attuali crisi economiche e politiche che l’umanità sta attraversando non sarebbero altro che la grande prova da superare per evolvere spiritualmente, lasciandosi alle spalle un modo di concepire il mondo e le relazioni fra gli uomini ormai superato, incapace di guardare al futuro (cfr. Jeremy Rifkin, La civiltà dell’empatia, Mondadori, 2010).
A tal proposito, uno splendido intervento dello scrittore e poeta italiano Dario Arkel ci aiuta a cogliere maggiormente il nucleo del nostro discorso: “Forse non è più questo il mondo, forse siamo già in un altro mondo, oltre la barriera del ragionevole. Ci diciamo che tutto sommato l’equilibrio del pianeta e delle sue orbite dureranno ancora per millenni, e questo pare tranquillizzarci. Ma di tutto ciò non sappiamo spiegarci la ragione. Perché siamo peggiorati, e di molto. E talvolta ci pare straordinario che questa umanità che ripropone odio e guerre, non venga cancellata d’un colpo, dal meteorite che ben può rappresentare la minaccia ultraterrena. Ma il pianeta è fatto anche da innocenti, dobbiamo ricordarlo. Se ci riflettiamo anche solo un momento, osserviamo che i deboli della terra, gli esclusi, gli ammalati, i bambini, le minoranze in genere, sono comunque incolpevoli e meritano il futuro e lo meritano, se vogliamo, mettendo in conto anche il nostro sacrificio. Se l’uomo più forte non assicura la vita ai deboli, perde lo scopo principale della propria vita: la ricerca dell’armonia sociale” (Dario Arkel, Ascoltare la luce, 2009, p.25).
Saper condividere significa avere la capacità di apprezzare il valore intrinseco dell’altruismo, significa saper abbracciare anche solo minimamente l’umiltà e renderla attuabile nel concreto e quotidiano modo d’essere. La condivisione è DONO, non è mai privazione. Solo quando l’Uomo saprà veramente condividere arriverà a capire l’universale scopo della sua vita: quello di dare senso alla sua libertà e alla propria capacità di dare senso a tutto ciò che lo circonda. Disinteressarsi di ogni cosa per interessarsi di tutto. Rinunciare a qualcosa di importante per aprirsi all’essenza dell’altro che ha davanti. Cogliere i bisogni, le debolezze, le fragilità, la ricchezza di più persone e non solo di pochi. L’Uomo stesso è una “totalità di condivisione”, chiamato a condividere per evitare di morire, continuamente stimolato a donare tutto ciò che ha. Qual è, dunque, il segreto di una vita vissuta senza rimpianti? Non di certo la ricchezza, non il possedere, ma sempre e solo la CONDIVISIONE, questa linfa che rende la vita di ciascuno tremendamente troppo bella per essere vissuta in solitudine.