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Leggere le etichette degli alimenti è importante anche per il microbiota

Oramai è chiaro che conoscere il contenuto di ciò che si mangia attraverso la lettura delle etichette alimentari è importante, come importante è mantenere in buona salute il nostro microbiota intestinale, ovvero l’insieme di microrganismi che albergano in simbiosi con noi nel nostro intestino (a tal proposito leggere Il microbiota umano: un coinquilino indispensabile) Sulle […]

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Oramai è chiaro che conoscere il contenuto di ciò che si mangia attraverso la lettura delle etichette alimentari è importante, come importante è mantenere in buona salute il nostro microbiota intestinale, ovvero l’insieme di microrganismi che albergano in simbiosi con noi nel nostro intestino (a tal proposito leggere Il microbiota umano: un coinquilino indispensabile)

Sulle etichette si potrebbe aprire un intero trattato, ma in questa occasione limiteremo le riflessioni a tre categorie specifiche:

  • i dolcificanti artificiali
  • gli emulsionanti alimentari
  • il glutine vitale

La grandiosa potenza del microbiota intestinale

Come già trattato in molti articoli sul nostro sito, per ogni cellula umana vi sono 9 microorganismi (per lo più batteri, ma anche funghi, archea, virus,…) che vivono e contribuiscono all’equilibrio del nostro corpo. Sono presenti ovunque, ma in particolar modo a livello dell’intestino, e la loro concentrazione cresce in maniera esponenziale man mano che si prosegue lungo il tratto gastroenterico.

Il ruolo del microbiota intestinale è molto vario ed i risvolti sulla salute globale dell’individuo sono davvero vasti ed importanti. Non è semplicemente coinvolto nella processazione degli alimenti e dei metaboliti, infatti, ma essendo a stretto contatto con una delle reti neuronali più fitte presenti nel nostro corpo, come spiegato in L’intestino: il nostro secondo cervello sensibile alle emozioni, è in grado di modulare i segnali nervosi e di incidere sulla nostra salute emotiva, sulle nostre scelte alimentari, sulla nostra percezione di benessere, sul livello di infiammazione generale e via dicendo.

Se è vero che l’alimentazione può modificare solo parzialmente quella che è la composizione del microbiota, è altrettanto vero che nulla come ciò che mangiamo è in grado di incidere sui metaboliti che vengono da esso prodotti. Uno degli aspetti più affascinanti del microbiota, poi, è senza dubbio il fatto che possa imparare a metabolizzare sostanze che non ha mai conosciuto prima (compresi farmaci, additivi, pesticidi…). E se pensiamo che il 40 per cento dei metaboliti che circolano nel nostro corpo è prodotto non dalle nostre cellule e i nostri tessuti, ma dal microbiota intestinale, ci rendiamo conto di quanto sia importante avere una certa accortezza al riguardo.

Il microbiota intestinale è stimato che sia in grado di produrre circa 500.000 diversi metaboliti, il metaboloma, e molti di essi sono neurattivi, ovvero agiscono a livello del sistema nervoso. Quindi, riprendendo le parole Emeran Mayer, gastroenterologo di fama mondiale ed autore del libro La comunicazione pancia mente, “…risulta sempre più chiaro che il microbioma intestinale riveste un ruolo chiave nel sistema di segnalazione notevolmente complesso che è in grado di influenzare ogni cellula del corpo, comprese quelle cerebrali. Sebbene siano necessari ancora anni di ricerca per districare tutti i complicati effetti che questi metaboliti microbici hanno su di noi – da soli o, più probabilmente, in combinazione con altri- io non nutro alcun dubbio che tali effetti siano profondi e possano rivoluzionare il nostro modo di intendere la dieta nello sviluppo e trattamento dei disturbi cerebrali e dell’asse cerebro-intestinale. In altre parole, l’orchestra di microbi del tuo intestino è completa di musicisti esperti e pronti a esibirsi fin dai primi anni di vita. L’alimentazione che scegli determina non solo le melodie che suonerà, ma anche la qualità di tali melodie. E in fin dei conti il direttore d’orchestra sei tu.

Controlliamo le etichette anche nell’ottica di salvaguardare il microbiota intestinale

L’alimentazione dell’uomo moderno è molto variata nel corso dei decenni e comporta attualmente un maggior consumo di sali, zuccheri e grassi, senza contare additivi alimentari e pesticidi. Sebbene siano stati fatti molti studi sulla sicurezza a lungo termine di questi prodotti, ciò si è verificato prima che si venisse a conoscenza dell’importanza del microbiota intestinale, e sarebbe interessante riaffrontare il tema tenendone conto. Attualmente, infatti, si sa che molti additivi alimentari contribuiscono allo stato infiammatorio a bassa intensità che dilaga nella popolazione, così come una dieta ricca di grassi favorisce un aumento delle molecole infiammatorie a livello ematico. I microbi intestinali rivestono un ruolo centrale nell’infiammazione sistemica,probabilmente attraverso una serie di modifiche delle popolazioni stesse di batteri e l’alterazione delle interazioni con il sistema immunitario dell’intestino.

Ma all’atto pratico cosa si può fare? Si può prendere coscienza di quanti prodotti contengano dolcificanti artificiali, emulsionanti alimentari e glutine vitale per ridurne l’introito. Questo attraverso un’attenta e consapevole lettura delle etichette alimentari.

Dolcificanti artificiali 

Negli ultimi decenni sono state aggiunte grandi quantità di zuccheri (sotto forma di sciroppi vari, di glucosio, mais, malto e via dicendo di cui si è già parlato in Fruttosio: un dolcificante da consumare con moderazione) ai più svariati alimenti, abituando il palato a gusti sempre più dolci.

Inoltre, sono stati inventati i dolcificanti artificiali per poter evitare picchi glicemici esagerati e consentire così un consumo di cibo dolce senza ingrassare, in primis tutta la categoria di bevande “light”. Di fatto, però, questi non sono i risultati ottenuti: è stato osservato come il consumo di questi dolcificanti favorisca l’aumento di peso e l’incremento di patologie metaboliche come il diabete mellito di tipo II. Causa ne è il coinvolgimento del microbiota intestinale: il consumo di dolcificanti artificiali induce il microbiota intestinale ad accumulare più calorie nel colon stimolandolo a produrre più acidi grassi a catena corta che vengono assorbiti con facilità.

Ecco alcuni nomi dei dolcificanti artificiali più diffusi:

acesulfame k, aspartame, sale di aspartame-acesulfame, ciclamato, eritritolo, glicerolo, idrolizzato da amido idrogenato, isomalto, lattitolo, maltitolo, mannitolo, polidestrosio, saccarina, sorbitolo, sucralosio, tagatolo, xylitolo.

Emulsionanti alimentari

Gli emulsionanti sono molecole simile ai detergenti che favoriscono il miscelamento di due liquidi che altrimenti non si combinerebbero facilmente (come acqua ed olio): sono ampiamente utilizzati per salse, maionesi, dolciumi e prodotti da forno per conferire una consistenza uniforme. Questo perché sono in grado di garantire maggior stabilità ai prodotti, ritardandone il deterioramento.

L’aspetto negativo è che gli emulsionanti vanno a perturbare lo strato di muco protettivo che ricopre la superficie interna del canale gastrointestinale e che nei fatti concorre al mantenimento della barriera che separa l’intestino dall’esterno, andando ad alterare l’assetto dei microbi e favorendo l’insorgere di infiammazione a bassa intensità dell’intestino (cioè lo stesso effetto che comporta una dieta eccessivamente ricca di grassi).

Nelle etichette gli emulsionanti sono segnalati con sigle che vanno da E400 a E499, eccezion fatta per la lecitine che sono E322. Alcuni esempi sono il sorbitano tristearato utilizzato nel cioccolato, i polisorbati nel gelato, gli esteri dell’acido citrico impiegati nella carne trasformata, soprattutto insaccati.

Glutine vitale

Il glutine è una miscela proteica che rappresenta dal 12 al 14 per cento delle proteine del frumento, che a sua volta è il cereale più coltivato al mondo. E’ presente in percentuale minore anche in altri cereali, motivo per cui è estremamente diffuso. L’industria alimentare utilizza su vasta scala il glutine purificato, chiamato “glutine vitale”, in quanto è un additivo in grado di conferire un’ottima consistenza e masticabilità al pane e ne aumenta la durata di conservazione. Ma viene utilizzato anche in alimenti che non presentano di per sé la presenza di glutine, come carni, salse e latte, nonché prodotti di cosmesi.

Viene da chiedersi se nei fatti, questo abuso di glutine (o addirittura non il glutine in sé e per sé, ma la presenza in alimenti trattati con tutti gli additivi), non stia contribuendo all’aumento spropositato delle celiachia e della ancora più comune -sebbene meno conosciuta- sensibilità al glutine non celiaca (come nel caso di tutti coloro che, pur non avendo diagnosi di celiachia, riferiscono notevoli miglioramenti dei disturbi gastrointestinali nel momento in cui tolgano dalla dieta il glutine). E ancora se le quantità sempre maggiori di glutine ingerite non portino alla produzione di metaboliti, da parte del nostro microbiota, che possano avere effetti nocivi sulla nostra salute.

Sicuramente, tutte queste riflessioni riportano alla necessità di tornare a mangiare prodotti meno elaborati e preferibilmente fatti in casa, come già affrontato anche ne I dieci comandamenti del buon pasto, per garantire un maggior benessere, a partire dal nostro intestino!

 

Bibliografia:

Emeran Mayer, La comunicazione mente pancia, 2016 Edizioni il Punto d’Incontro

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