Gli alimenti attivano una serie di risposte corporee che vanno oltre i processi di pura e semplice digestione.
I cibi contenenti carboidrati sono in grado di aumentare il quantitativo di zuccheri nel sangue (la glicemia), proprietà indicata come indice glicemico. La glicemia è un parametro che è importante tenere sotto controllo poiché un suo livello cronicamente alto è associato al diabete e a diversi effetti negativi come glicazione e produzione di stress ossidativo con successivi danni a piccoli e grandi vasi sanguigni. L’innalzamento della glicemia attiva una cascata di meccanismi che porta ad una maggior produzione di insulina, ormone peptidico che permette alle cellule di internalizzare il glucosio e di usarlo per ricavarne energia.
L’insulina però, viene rilasciata dal pancreas anche per l’assunzione di proteine e lipidi. La proprietà degli alimenti di indurne la secrezione viene definita indice insulinico.
Indice insulinico
L’indice insulinico rappresenta un valore assoluto in grado di stabilire il diverso potere insulinogenico degli alimenti sulla base della stessa quantità calorica (239 kcal, equivalenti di 1000 kj):è pertanto un parametro che valuta i diversi tempi di assimilazione e l’intensità di secrezione dell’ormone a parità di calorie.
La sua considerazione corrisponde ad un passo in più rispetto all’indice glicemico, perché tiene conto della produzione totale di insulina, e non solo di quella puramente dovuta all’introito di carboidrati. In ogni caso i carboidrati sono la categoria di macronutrienti che maggiormente impatta sull’insulinemia, con un peso del 90-100% contro un 50% delle proteine e un 10% dei grassi. Ciò, all’atto pratico, significa che quando si mangia un piatto misto l’indice insulinico non coinciderà con il semplice aumento della glicemia (e quindi con l’esclusiva quota di carboidrati introdotti), ma sarà maggiore.
Una differenza importante rispetto all’indice glicemico è che nell’indice glicemico gli alimenti vengono confrontati fra loro in base alle calorie e non al peso in grammi. Questo perché i glucidi hanno la stessa valenza calorica, ma tale ragionamento non può essere utilizzato quando si mettano a confronto le tre diverse categorie di macronutrienti (carboidrati, proteine e lipidi). Pertanto il riferimento è una porzione isocalorica standard di 1000 kj, equivalenti a 239 kcal. Si fa presente che:
- I lipidi contengono 9,4 kcal/g, l’equivalente di 37 kj.
- L’alcol contiene 7 kcal/g, l’equivalente di 29 kj/g.
- I protidi e glucidi contengono 4,1 kcal/g, l’equivalenti de 17 kj.
L’indice glicemico, invece, prende come misura di confronto 50 grammi di carboidrati, l’equivalente di 200 kcal quindi.
L’intuizione
L’idea di indice insulinico nacque a seguito della discrepanza osservata tra glicemia e risposta insulinica, non riconducibile alla sola preparazione e alle caratteristiche proprie dei carboidrati. Inoltre si osservarono delle risposte insuliniche anche in assenza di zuccheri. Gli aminoacidi che compongono le proteine – in primis arginina, leucina, lisina e valina- rappresentano infatti il maggior stimolo alla produzione di insulina dopo i glucidi,.
Alcuni esempi
La considerazione di cui bisogna maggiormente tener conto è la proprietà di carboidrati e proteine di potenziare la reciproca capacità insulinogenica. Un pasto a base di carboidrati cui vengano aggiunte proteine e/o grassi presenterà un maggior indice glicemico di uno di soli glucidi, nonostante il quantitativo di carboidrati nel sangue non cambi.
In particolare è stato notato che l’effetto insulinogenico dei latticini risulta da tre a sei volte superiore rispetto al loro corrispondente indice glicemico. L’effetto è attribuibile alla frazione delle proteine del siero del latte. Ecco perché lo yougurt, ad esempio, presenta un indice insulinico molto elevato nonostante l’indice glicemico sia medio.
Alimenti altamente proteici e prodotti di pasticceria provocano una risposta insulinica più alta in modo sproporzionato rispetto alla risposta glicemica. I cibi industriali – come biscotti, gelati, prodotti di pasticceria, croissant, barrette dolci, merendine, torte confezionate, creme spalmabili- comportano un’importante secrezione di insulina proprio per via dell’insieme di ingredienti (zuccheri semplici, grassi saturi e/o idrogenati ed eventuale latte) che li compongono.
Una citazione a parte meritano i prodotti a base di cioccolato (cacao in polvere). Prendendo in considerazione uno stesso prodotto industriale e variando solo l’aroma (es. vaniglia-cacao), a fronte di uno stesso indice glicemico, l’indice insulinico è maggiore di una medica di circa +28% nel prodotto al cacao.
Le conseguenze di una risposta insulinica importante
L’insulina svolge un ruolo importante nel trasporto nei vari tessuti dei nutrienti (glucosio, grassi, aminoacidi, acidi nucleici), così da rendere possibile la sintesi di proteine e l’accumulo di riserve sia glucidiche che lipidiche. I tessuti su cui svolge l’azione principale sono defeniti insulino-dipendenti, e sono rappresentati dai muscoli e dal tessuto adiposo.
Il rilascio di una quantità massiva di insulina dovuta alle sole proteine non ha molte probabilità di indurre un accumulo di grasso – effetto dovuto più che altro ai carboidrati. Quindi il controllo dell’indice insulinico presenta maggior interesse nella gestione del diabete mellito di tipo 2 e nell’iperlipidemia. Se da una parte, infatti, l’incremento dell’insulina presenta la caratteristica utile di ridurre la glicemia (effetto favorevole nel diabete, in cui la glicemia è più alta del dovuto), dall’altra potrebbe contribuire all’esaurimento funzionale delle cellule beta del pancreas e all’insorgenza di diabete, laddove non sia ancora manifesto.
Altra considerazione meritevole di nota è che uno stato di iperinsulinemia comporta più rapidamente all’abbassamento dei livelli di glicemia del sangue. La conoscenza dell’indice glicemico degli alimenti può essere utile ad evitare cali di zuccheri o comunque la rapida insorgenza di fame. Nel caso dello yogurt e del latte, ad esempio, dopo un’ora dal consumo determinano un’ipoglicemia maggiore che non i cereali raffinati.
La comprensione delle ripercussioni dell’indice insulinico è ancora lontana, soprattutto per quegli alimenti che presentano una spiccata discrepanza tra indice glicemico (basso) e insulinico (alto). In ogni caso come regola generale – al di fuori di latte e cibo appetitoso altamente energetico- vale il principio per cui l’indice insulinico è direttamente proporzionale a quello glicemico. Una conoscenza più approfondita potrebbe rivelarsi uno strumento utile nell’aiuto della gestione del rilascio di insulina in pazienti diabetici.
Qualche importante suggerimento
I dolcificanti artificiali non sono migliori di quelli naturali, anzi: causano importanti alterazioni del microbiota intestinale con ripercussioni su tutto il resto dell’organismo (attraverso la circolazione nel sangue di sostanze prodotte dai batteri e assorbite attraverso le pareti intestinali). In tal modo viene favorita l’insorgenza di insulino-resistenza e, nel lungo periodo, di iperglicemia. Anche i succhi di frutta presentano questo problema. Il fruttosio (vedi anche Il fruttosio: un dolcificante da consumare con moderazione), nonostante il ridotto indice glicemico, presenta un alto indice insulinico. Nei succhi, poi, è prodotto in forma liquida e arriva in quantità massive al fegato, dove viene trasformato in grassi ma soprattutto richiede grande energia e causa grande stress ossidativo. Lo sciroppo di mais ad altro contenuto in fruttosio presenta lo stesso problema, dando immediata disponibilità di questo zucchero. E’ pertanto opportuno limitare o eliminare del tutto il consumo di questi alimenti.
Per coloro che sono diabetici l’associazione di alimenti a basso indice glicemico e basso indice insulinico può essere un importante strumento nella gestione della glicemia e nella riduzione dei farmaci.