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Aiutare gli altri aumenta la felicità

“L’amore cura le persone: sia coloro che lo donano, sia coloro che lo ricevono.” Karl Meninger, psichiatra. Si dice che a Natale siamo tutti più buoni…quanto ci piace l’atmosfera natalizia, ci ispira emozioni e sentimenti positivi, pensieri di cuore e comportamenti buoni nei confronti degli altri. Il Natale è il simbolo di un periodo felice, […]

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L’amore cura le persone: sia coloro che lo donano, sia coloro che lo ricevono.” Karl Meninger, psichiatra.

Si dice che a Natale siamo tutti più buoni…quanto ci piace l’atmosfera natalizia, ci ispira emozioni e sentimenti positivi, pensieri di cuore e comportamenti buoni nei confronti degli altri. Il Natale è il simbolo di un periodo felice, di un clima familiare piacevole, in cui ci si scambiano auguri e doni e in cui siamo tutti più disposti ad aiutare l’altro. Il significato del Natale ci fa riflettere su come questi atteggiamenti e comportamenti possano farci stare bene, aumentando il senso di benessere.

Parliamo allora di altruismo…

Cos’è l’altruismo?

Secondo quanto dice Skinner (1971), attribuiamo un valore positivo a coloro che compiono buone azioni solo quando non riusciamo a spiegarcele in termini di gratificazioni derivanti dall’esterno. Se non viene riconosciuto un vantaggio da parte di chi opera una buona azione nei confronti dell’altro, allora ad egli tenderemo ad attribuire un comportamento altruistico. L’altruismo è la motivazione intrinseca che permette di incrementare il benessere altrui, senza aspettarsi consapevolmente di ottenere in cambio un proprio vantaggio personale. Se, invece, le cause esterne della messa in atto di un determinato comportamento, reputato benevole, nei confronti di qualcun altro, sono evidenti, allora esso verrà attribuito a tali cause e non alla predisposizione interna dell’agente. In questo caso si parla di egoismo, ovvero la motivazione che porta ad incrementare il proprio benessere, al contrario dell’altruismo.

Come si spiega la motivazione di queste persone che tendono a porgere aiuto agli altri, magari anche estranei, senza avere nessuna aspettativa di ritorno?

Diversi studi (Gleason et al., 2003; Piliavin, 2003; 2005) mostrano come la ricompensa di tali atti possa essere percepita a livello interno. Infatti, prestare aiuto permette di incrementare la nostra autostima, facendoci sentire bene con noi stessi, regalando un senso di soddisfazione personale. La conseguenza di ciò è che chi tendenzialmente mette in atto comportamenti prosociali sarà più predisposto a diventare un cittadino responsabile, ad avere più spesso un buon umore, a godere di buona salute, ad impegnarsi di più nelle attività e, nel complesso, a sentirsi e a comportarsi meglio.

D’altra parte, le ricompense esterne, invece, sono a favore di chi tende a mettere in atto buoni comportamenti e ad aiutare qualcuno per ricevere in cambio un vantaggio personale. Questo è il caso di chi, ad esempio, devolve denaro in beneficienza in modo plateale per ottenere una buona immagine a livello sociale, o di chi desidera approvazione da altri e si comporta come questi si aspettano.

La logica è sempre la stessa, se ci pensiamo, ma cambiano l’intenzione e la motivazione per cui si agisce. Diceva San Francesco: “E’ donando che riceviamo.” La ricompensa ottenuta può aiutarci o meno a coltivare e a incrementare la nostra salute e il nostro benessere.

La decisione di aiutare o meno qualcuno che ha bisogno sottintende un processo non consapevole in cui ciascuno valuta costi e vantaggi di un certo comportamento. Seconda questa teoria dello scambio sociale le interazioni  seguono una logica economica, secondo cui i costi vengono ridotti e i vantaggi vengono massimizzati. Questa teoria permette di prevedere quali comportamenti verranno messi in atto dalle persone.

altrui

A volte, è il senso di colpa che ci muove verso comportamenti pro sociali, al fine di ristabilire una buona immagine di noi stessi, compensando qualche azione riprovevole. Secondo questo processo, una buona azione, dopo aver avuto consapevolezza di un senso di colpa, porta al bene, aumenta l’empatia, neutralizza sensazioni negative e favorisce l’instaurarsi di relazioni più strette. In sintesi, si scatena un effetto per cui sentirsi male porta a fare del bene. Questo accade nelle persone in cui l’attenzione è rivolta agli altri e nelle persone per le quali l’altruismo è gratificante (Barnett et al., 1980; McMillen et al., 1977). Per queste persone, un sentimento di tristezza conduce ad una maggiore sensibilità e al desiderio di essere utili per gli altri; a meno che esse non si concentrino esclusivamente su se stessi a causa di una depressione o di un’intensa sofferenza.

Altrettanto succede nelle persone che si sentono bene. Indipendentemente dalla causa dello stare bene, le persone felici tendono ad aiutare gli altri in modo più preponderante. Infatti, aiutare gli altri smorza le sensazioni negative e rinforza il buonumore, il quale a sua volta promuove la produzione di pensieri positivi e aumenta l’autostima, che, come in un circolo virtuoso, producono ancora comportamenti positivi (Berkowitz, 1987; Cunningham et al., 1990; Isen et al., 1978).

Vi sono anche alcune norme sociali, ovvero aspettative altrui rispetto a quale debba essere il nostro comportamento in determinati contesti, che ci conducono ad agire secondo benevolenza e altruismo. Sono le norme di reciprocità e della responsabilità sociale.

La prima ci porta a pensare di dover restituire l’aiuto e non danneggiare chi ci aiuta. Questa viene violata quando si riceve senza contraccambiare. Quando ci si trova in una situazione di questo tipo o in una situazione in cui si riceve senza chiedere e senza poter restituire il favore l’autostima diminuisce perché la persona che riceve non è in grado di affermare la propria competenza, danneggiando anche la propria immagine di successo futuro.

La seconda fa riferimento al dovere morale che prescrive di aiutare le persone che dipendono dal nostro intervento (Berkowitz, 1972), anche quando la necessità non è imperativa o quando la persona bisogna è estranea alla famiglia. A volte, questa norma viene mediata dall’effetto della negligenza che attribuiamo a queste persone. Se percepiamo che queste persone si trovano in una situazione precaria per merito loro, poiché non hanno adempiuto ai loro doveri, allora non sentiamo più l’obbligo di aiutare. Se invece le cause del bisogno di queste persone sono incontrollabili, allora la norma di responsabilità agisce e ci induce ad aiutare il prossimo.

Cosa succede quando vediamo una persona bisognosa o sofferente? Perché a volte agiamo per altruismo e altre volte per egoismo?

La spiegazione che danno Batson (2001) e Powell (2003) è che il nostro desiderio di prestare aiuto viene influenzato da considerazioni disinteressate nel primo caso, o utili a sé nel secondo.

In particolare, se l’assistere ad una scena in cui una persona mostra bisogno di aiuto ci provoca emozioni di ansia, ovvero ci sentiamo disturbati, la motivazione agisce in senso egoistico per placare l’ansia e il proprio malessere e il comportamento altruistico sarà messo in atto per attenuare il proprio disagio.

Viceversa, se la scena vista provoca in noi empatia, simpatia e compassione per quella persona  allora la motivazione sarà volta a ridurre il disagio altrui attraverso il comportamento altruistico. Da questo risulta come l’empatia sia l’antecedente della motivazione che induce le persone ad aiutare e, secondo le parole di Batson stesso: “l’altruismo autentico indotto dall’empatia fa parte della natura umana”, e ad esso si possono ricondurre i seguenti benefici:

  • Genera altruismo basato sulla sensibilità, alleviando le sofferenze altrui.

 

  • Inibisce l’aggressività perché permette di mettersi nei panni di chi potrebbe subire una violenza.

 

  • Incrementa la cooperazione perché permette di comprendere e condividere diversi punti di vista.

 

  • Migliora gli atteggiamenti nei confronti dei gruppi stigmatizzati, stimolando comportamenti di maggiore supporto nei confronti di bisognosi e sofferenti.

 

Come è possibile incrementare l’altruismo?

  • Ridurre l’ambiguità e incrementare la responsabilità: le persone tendono a prestare aiuto se vi è una richiesta personale, il contatto visivo, la dichiarazione del proprio nome, l’anticipazione di un’interazione. Tutto ciò che personalizza un’esperienza incrementa la volontà di prestare aiuto. Inoltre, la responsabilità aumenta quando vi è consapevolezza tra atteggiamenti e comportamenti; in questa situazione incrementa la disposizione ad aiutare perché si tende a mettere in pratica i propri ideali.

 

  • Quando si attivano il senso di colpa e la preoccupazione per l’immagine di sé, essere altruisti diventa un aiuto sia per sé che per gli altri. Essere consapevoli di quanto avviene nella nostra mente agevola il processo di riduzione del malessere, per mezzo di azioni altruistiche.

 

  • Aumentare l’inclusione sociale, ovvero la considerazione degli altri come appartenenti alla propria cerchia e la presa in carico delle preoccupazioni morali riguardanti essa. Più ampia sarà la rete di persone a cui ci si rivolge, maggiori saranno gli atteggiamenti ed i comportamenti altruistici.

 

  • Creare modelli di altruismo. Conoscere e ispirarsi a modelli ideali che nella loro storia hanno contribuito ad incrementare il benessere sociale attraverso le loro azioni. Tenere a mente queste persone aiuta ad incrementare il grado di empatia, perché stimola a metterci nei loro panni e a condividere quanto è stato fatto da parte loro.

 

  • Imparare facendo. Come abbiamo già detto, le azioni di aiuto promuovono l’autopercezione di essere attenti alle esigenze degli altri, fatto che a sua volta alimenta ulteriori gesti di aiuto.

 

  • Attribuire i comportamenti d’aiuto alle motivazioni altruistiche. Fornendo alle persone una giustificazione sufficiente, è possibile incrementare il piacere insito nel compiere tali azioni spontaneamente. Se ad essi viene fornita, invece, una sovragiustificazione, la quale incrementa la motivazione estrinseca, poiché conduce l’individuo a fare ciò che già desiderava fare, allora egli si percepirà controllato dall’esterno.

 

  • Conoscere i meccanismi che regolano l’altruismo. Dopo aver letto questo articolo e altri, sarà più facile prendere decisioni di aiuto piuttosto che di non aiuto. Quando si è in grado di riconoscere quanto avviene nella nostra mente, aumenta la capacità di rispondere in modo soddisfacente alle esigenze del contesto.

 

Possiamo scegliere di aiutare gli altri e di essere felici. Questo periodo natalizio può essere la scintilla per iniziare o per continuare un percorso in cui, attraverso anche piccole azioni, contribuiamo ad incrementare il benessere personale e quello altrui.

“[…]Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?” Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui.” Gesù gli disse: ” Va’ e anche tu fa’ lo stesso.” Luca 10, 36-37

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