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L’arma per non affondare: la resilienza

 “Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati”. Ernest Hemingway (giornalista e scrittore, Premio Nobel per la letteratura nel 1954)   Ci sono momenti in cui ci si chiede: “perché? perché proprio ora? perché proprio a me?” Siamo, soprattutto in questo periodo, circondati da notizie tragiche […]

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 “Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati”.

Ernest Hemingway (giornalista e scrittore, Premio Nobel per la letteratura nel 1954)

 

Ci sono momenti in cui ci si chiede: “perché? perché proprio ora? perché proprio a me?”

Siamo, soprattutto in questo periodo, circondati da notizie tragiche che travolgono le nostre vite, le nostre speranze, le nostre famiglie, le nostre credenze, i nuclei più intimi che possediamo, generando paura, terrore e senso di impotenza diffusi.

Se ci orientiamo verso un atteggiamento costruttivo nei confronti degli eventi, dai più ordinari ai più stressogeni (si definisce tale un evento che diventa una fonte di stress per il soggetto), la resilienza diventa il frutto del nostro allenamento quotidiano con la vita.

Cos’è la resilienza?

Questa parola è stata utilizzata in diversi ambiti; dapprima, in senso fisico veniva definita come la capacità dei  materiali di piegarsi e di affrontare una forza stressogena, di resistervi e di ritornare, senza rompersi, allo stato precedente, nonostante la forte pressione. In ambito sociale, ci si riferisce ad ecosistemi, quali gruppi e comunità, che riescono a far fronte a cambiamenti sociali, ambientali e politici.

barca su giuIl termine resilienza deriva dal latino “resilio” che vuol dire prendere un’altra direzione, rimbalzare. Spesso viene fatto un collegamento con il verbo “re-salio”, iterativo di “salio”. Con questo verbo, gli antichi originariamente connotavano anche l’azione di risalire sulla barca capovolta dalla forza del mare, evocando un atteggiamento persistente davanti alle difficoltà, e non arrendevole. Nella vita di tutti i giorni può essere intesa come la capacità di chi, messo davanti a più o meno  grandi difficoltà, si rivolge alla propria forza interiore per trovare un senso alle avversità, la speranza nel futuro e la fiducia in se stessi e negli altri per farcela e per lottare, nonostante tutto.

 

Dal punto di vista psicologico…

In ambito psicologico, si supera il concetto statico di resistenza a prove difficili e si conferisce un aspetto più dinamico, che implica un adattamento funzionale e la capacità delle persone di riorganizzarsi, riparare le ferite e possibilmente ricostruirsi, avendo potenziato alcune abilità mentali.

Cosa fare quando inspiegabilmente attentati, guerre, lutti, malattie, povertà, ingiustizie, delusioni, violenze, ci si presentano davanti e ci proiettano addosso un senso di vuoto totale? Diventa tutto incomprensibile e dare un senso a questi eventi spesso sembra impossibile.

Quando il senso di  vulnerabilità e di vincibilità dell’uomo diventano prevaricanti, la mente viene influenzata negativamente nelle sue dimensioni cognitiva, affettiva e sociale. I pensieri, le emozioni, il linguaggio, i comportamenti, la memoria subiscono una forte incidenza negativa dall’ambiente che stimola tali reazioni o inibizioni.

Una spiegazione di questi fenomeni conferisce particolare importanza alla valutazione che una persona fa di un evento. In base a questo modello, un evento stimola stress se il soggetto lo interpreta come una fonte di avversità, più o meno forte. Quanto più il significato che si associa ad un evento mina alla nostra autoefficacia, autostima, motivazione, senso di controllo e impegno, tanto più lo stress da esso derivato sarà maggiore.

Ad esempio, se vedo una valigia abbandonata sulla banchina della metropolitana posso pensare a diversi eventi: se non sono di fretta, penserò che qualcuno può essersi dimenticato la valigia perché sovrappensiero e quindi prenderò la valigia e la porterò all’ufficio oggetti smarriti; se ci sono stati attacchi bomba alla città di recente, penserò che dentro quella valigia può essere contenuta una bomba e che quindi, essendo in assoluto pericolo, darò l’allarme e scapperò; se sono in partenza e possiedo una valigia simile, è possibile che a causa della confusione prenderò quella abbandonata e non la mia e, anche se involontariamente, avrò creato un equivoco comprensibile, ma che per alcuni potrebbe assomigliare ad un furto.

È importante, non l’evento oggettivo in sé (la valigia abbandonata sulla banchina), ma l’interpretazione soggettiva di quello stesso evento, che, a sua volta, genererà reazioni diverse in soggetti diversi. Quindi, sulla base di questo filtro cognitivo, vi sarà la produzione di una risposta emotiva coerente alla valutazione cognitiva soggettiva e, successivamente, una risposta fisiologica ed una comportamentale che permetteranno di reagire in modo funzionale o non funzionale alla stimolazione ambientale.

valutazione cognitiva

Allenare la resilienza è possibile e ci rende abili ed efficaci nell’affrontare eventi negativi e stressogeni con successo, mantenendo un senso di equilibrio personale e contribuendo a rendere il sentiero della nostra vita più felice.

Alcuni consigli pratici per allenare la resilienza:

  • Dare un senso agli eventi (mentalizzazione), anche a quelli più tragici. Rivalutare cognitivamente, vuol dire vedere la stessa situazione da prospettive diverse. E’ una strategia che può aiutarci a dare un significato diverso e più accettabile agli eventi, anche quotidiani. Ad esempio, se capita di salutare una persona per strada che non corrisponde, invece di essere improntati sulla difesa del sé e dirsi che quella persona volontariamente non ha voluto salutare, mettiamoci nei panni dell’altro e proviamo a ipotizzare che magari non ci ha visti. Iniziare a pensare in questo modo aiuta a combattere anche le frustrazioni. Spesso può essere difficile dare un senso alle cose, soprattutto se appena avvenute, ma non demordiamo, cercando di integrare tutte le informazioni in memoria che fungeranno da guida per orientarci, persistiamo anche a distanza di tempo.

 

  • Essere ottimisti. Cercare di vedere sempre l’elemento positivo anche se la situazione si presenta totalmente negativa, è un esercizio poco intuitivo inizialmente, ma riesce a dare i suoi benefici da subito. Interpretare, inoltre, gli eventi negativi come circoscritti e temporanei ci permette di non generalizzare ed espandere ciò che in quel momento ci affatica ad altri ambiti e aspetti della nostra vita.

 

  • Senso di controllo interno. Riconoscersi agenti competenti e portatori di cambiamento ci induce ad una crescita continua, personale e sociale. Percepire di avere il controllo sulla propria vita e sull’ambiente circostante è un requisito per poter agire su questo, soprattutto quando riteniamo che qualcosa stia andando storto. Inoltre, tutto ciò spinge a darsi numerosi obiettivi, ben chiari e strutturati, da raggiungere e sempre più complessi, in quanto ciò che è sfida non spaventa, ma ciò che è un problema tende a farci bloccare.

 

  • Impegno elevato. Avendo un senso di controllo interno, considererò che l’esito di un’azione dipenderà da me. Questa sarà la molla che permetterà di impegnarci per apportare un cambiamento. Fare ricorso all’impegno significa, sia nel caso del successo che dell’insuccesso, attribuire a se stessi le cause di ciò che avviene.

 

  • Imparare a sperare. Mantenere alta la speranza è un compito che i genitori devono avere bene presente. È proprio nell’ambito familiare che si costruisce la base più forte per cui, da adulti, alcuni crolleranno davanti agli insuccessi, mentre altri, dagli stessi insuccessi, riusciranno a trarne sempre un insegnamento positivo e diventeranno ancora più forti, più resilienti. Esaltare il presente e pensare al futuro è buon punto di partenza per sperare sempre di più in quello in cui si crede e si vuole.

 

  • Praticare sport. L’allenamento alla resilienza è paragonabile ad un allenamento fisico. Lo sport ci pone continue sfide e ci fa vedere i nostri limiti, cosi come succede nella vita di tutti i giorni. Imparare a persistere e ad essere tenaci, a provarci più e più volte, fin quando non si è soddisfatti del risultato, rafforza la nostra autoefficacia ed autostima, e di conseguenza la nostra resilienza.

 

  • Esprimere ciò che si prova. Dare libero sfogo alle proprie emozioni permette di condividere con l’altro un vissuto che, una volta espresso, sarà rivestito di un peso nuovo e più leggero. Inoltre, confrontarci aiuta ad ampliare le possibili prospettive rispetto ad una situazione, che in quel momento non riusciamo a vedere. Serve a fissare e ad organizzare i pensieri e contenuti di ciò che ci turba in quel momento. Serve a ricevere feedback esterni che permetteranno di rivalutare nuovamente l’evento. Serve a costruire legami di fiducia, i quali fungeranno da fattore di protezione nei confronti delle avversità esterne.

 

Ci sono momenti in cui la salita finisce, momenti in cui niente è impossibile, momenti che non dimenticherai mai. E allora, non puoi fare a meno di pensare che la vita è meravigliosa”. Fabrizio Macchi

 

Bibliografia

P. Trabucchi, “Resisto dunque sono“, Corbaccio, 2007.

C. Castelli, “Sport e resilienza. Il modello della Polisportiva Laureus”, Vita e Pensiero, 2013.

 

Vedi anche

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