“Mille cose avanzano, novecentonovantanove regrediscono: questo è il progresso”.
(Henri Frédéric Amiel)
“Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice”.
(Albert Einstein)
“Le nostre anime si sono corrotte nella misura in cui le nostre scienze, le nostre arti, hanno progredito verso la perfezione”.
(Jean-Jacques Rousseau)
“Il vero banco di prova per il nostro progresso non è tanto se riusciamo a far crescere l’abbondanza di coloro che già hanno troppo, ma piuttosto consiste nel cercare di fornire abbastanza a coloro che hanno troppo poco”.
(Franklin Delano Roosevelt)
Per poter affrontare il complesso tema del Progresso e della relativa Regressione, come ogni volta dobbiamo imparare ad avere il quadro generale della situazione e, di conseguenza, porci delle domande. Gli aforismi sopra citati, da cui si è voluto partire con coraggio e sfida, inquadrano perfettamente il tema e la riflessione che qui verrà proposta. Se da una parte la parola “Progresso” affascina per la sua tensione al futuro e per l’aria di novità che essa manifesta, dall’altra spaventa, a tal punto da chiedersi: dove stiamo andando a finire?. Non si vuole essere catastrofici né tantomeno scettici di fronte al nostro mondo e alle sue continue trasformazioni, ma al contrario urge la necessità di essere sempre più realisti e obiettivi. Se dovessimo entrare in internet e digitare su qualsiasi motore di ricerca la parola “progresso”, troviamo diverse definizioni, dovute anche alla diversità di ambiti in cui la parola stessa viene coniugata.
Tuttavia, una di queste definizioni colpisce in modo particolare, ed è quella che viene espressa all’interno della famosa enciclopedia Wikipedia: “Il termine progresso (dal latino progredior, andare avanti) indica genericamente lo sviluppo dell’uomo nella sua storia concepita come un lineare procedere, dove i miglioramenti, presupposti come prevalenti rispetto alle interruzioni e agli arretramenti, si accumulano per determinare condizioni positivamente avanzate, materiali e spirituali, della vita umana. Questa concezione è antiteticamente mutata nel corso del XX secolo“. Il progresso, quindi, secondo un modo comune di pensare, è qual cammino che nel corso degli anni conduce l’uomo al miglioramento di tutte le sue condizioni: umana, spirituale, materiale. Fin qui nulla da dire, perché come definizione è perfetta. Il punto su cui la curiosità e l’attenzione si sono soffermate, però, è l’ultima frase: “Questa concezione è mutata nel corso del XX secolo”. Come mai? Verrebbe da esclamare. Perché è mutata? Cosa intendiamo oggi per progresso? Perché sembra che, all’apice del progresso, stiamo raggiungendo l’apice della regressione? La risposta non è semplice, ma nemmeno impossibile: perché l’uomo col progresso ha conosciuto il disorientamento e si è letteralmente “snaturato” di tutto. Il disorientamento ha suscitato la perdita di ogni base di tipo morale; il disorientamento ha umiliato l’uomo nella sua essenza riducendolo solamente ad uno strumento e a un mezzo pratico stile “robot” per soddisfare determinati bisogni; il disorientamento ha di fatto cancellato le basi morali e spirituali di ogni tipo di relazione. Progresso e disorientamento = regressione lenta e totalizzante.
Ecco, quindi, spiegato il triste ma efficace rapporto esistente tra Progresso e regressione, un rapporto fatto di stupore e paura, di tecnologia e povertà, di ricchezza e miseria, di innovazione e superficialità. Abbiamo il grande bisogno di pensare, e solo attraverso la riflessione personale possiamo superare questi ostacoli che il progresso ci sta infliggendo come frecce piantate nella pelle. La consapevolezza nasce dal sentirsi ben altro rispetto a ciò che il mondo vuole farci credere, dal ritornare a vivere quei valori che reputiamo “autentici e sinceri”. Il cammino della vita è tortuoso, e proprio per questo va assaporato nella sua positività. Impariamo a staccarci leggermente dal progresso per fare in modo da non dipendere esclusivamente da esso. Viviamo il progresso come un mezzo finalizzato al miglioramento per il bene, non al miglioramento perché “serve”. Allora così facendo le nostre azioni e i nostri progetti futuri parleranno di verità, proprio perché essenziali.