“Per mettere il mondo in ordine, dobbiamo mettere la nazione in ordine. Per mettere la nazione in ordine, dobbiamo mettere la famiglia in ordine. Per mettere la famiglia in ordine, dobbiamo coltivare la nostra vita personale. Per coltivare la nostra vita personale, dobbiamo prima mettere a posto i nostri cuori.” (Confucio).
Non esiste miglior pensiero per l’uomo che la meraviglia nel sentirsi parte di un mondo diverso e unico allo stesso tempo. Quando parliamo di “relazioni” a che cosa pensiamo? Che significato attribuisco all’interiorità delle persone che incontro e, di conseguenza, alla mia interiorità? Attraverso l’incontro con l’altro posso davvero conoscere meglio anche me stesso? Queste sono solo alcune delle domande che nascono quando pensiamo al grande e complesso mondo delle relazioni e del loro rapporto con la nostra interiorità. La speculazione filosofica che vogliamo qui introdurre ha il nobile obiettivo di portarci a riscoprire noi stessi, ciò che siamo e ciò che saremo, attraverso, appunto, l’incontro con l’altro. Oggi come oggi, parlare di importanza delle relazioni, di rapporto relazionale, di interiorità e di altri termini affini, ci induce ad entrare in un mondo spesso confuso e frastornato, dove mancano punti di appoggio e di partenza. L’invito è, come ogni volta che facciamo filosofia, quello di fermarsi e pensare, con spirito critico e consapevolezza.
Cosa pensiamo quando parliamo di relazioni? Pensiamo ad un semplice incontro tra persone oppure ad un reciproco scambio di pensieri, emozioni e sentimenti? Quello su cui si vuole puntare l’attenzione è la riscoperta del nostro presente, del mondo in cui viviamo. Abbiamo il bisogno di valorizzare chi ci vive accanto, i nostri familiari, i nostri amici, le persone con cui condividiamo ogni giorno e ogni singolo momento, le persone che amiamo. Ciò che spesso fa da padrone è la cosiddetta “frenesia dell’atto”, ovvero quel vortice di inutile velocità che permea il nostro corpo e la nostra mente senza più farci assaporare la bellezza di ciò che invece è importante nella vita. Dobbiamo riscoprire la bellezza del vivere e la genuinità delle relazioni. Solo attraverso esse possiamo costruire il nostro mondo interiore. Le relazioni, quindi, non sono meri incontri ma sono scambi senza limite, il cui fine è la ricchezza reciproca.
Il filosofo contemporaneo Nicola Tenerelli, nella sua riflessione sulla “Filosofia della Relazione”, ribadisce chiaramente che tutto è in relazione, dal mondo in sé agli individui come facenti parte di esso: “Affermare – appare apodittico! – la irreversibile relazionalità del mondo non comporta necessariamente la pretesa dell’onnicomprensione –neppure al limite– del mondo stesso: il mondo della vita – isola sulla quale sembreremmo sbarcati naufraghi – è incomprensibile per definizione – poiché esso è, per gli esseri senzienti, un continuum di cui non restano che tracce di un passato, nel presente, dal quale è possibile ricostruire scenari futuribili, non futuri – demolendo l’ansia di precognizione del genere umano.
Ogni momento non è isolato ma a sé stante; l’esistere è in situazione ma attuato; l’incedere storico si realizza attraverso sequenze non necessariamente cadenzate anche se cronologizzate; il vero si disvela e rivela, laddove ogni rivelazione può apparire salvifica, ultimativa, precognitiva, ma anche tautologica, destabilizzante, deiettiva. Divenire appare la cifra che contraddistingue il battito cardiaco – atomi d’essere – del mondo che vive, che pulsa, che confligge, oppure vagheggia, fluisce, scorre. Il mondo diviene stando all’interno del suo divenire, produce e distrugge, illumina e acceca, divampa e si consuma e si trasforma“.
Un ulteriore spunto relativo a questo tema ci viene offerto anche da Immanuel Kant, il quale considera il filosofare come quel coinvolgimento che trascende il soggetto e lo proietta in una dimensione di vuoto, vuoto di senso, e assieme si avverte come l’esperienza di vita di tutti i giorni.
Esperienza, incontro, passione, dinamismo, divenire: sono tutti termini che fanno da coronamento allo stupore, ovvero a quella stupenda capacità di meravigliarsi di qualsiasi cosa, di guardare il mondo e la vita con occhi diversi, di pensare se stessi e gli altri con semplicità senza costruzioni inutili e maschere che annebbiano il vero senso dell’uomo in questo mondo. Attraverso l’incontro con l’altro arrivo a conoscere perfettamente me stesso, i miei limiti, le mie capacità, arrivo a mettermi in gioco, capisco quanto posso rischiare, colgo la bellezza del singolo momento e del grande evento, celebro il quotidiano come un “miracolo paradossale” in cui districarmi tra sorrisi e lacrime. Attraverso la relazione, allora, l’uomo non diventa soltanto una parte del tutto, un piccolo punto nell’immensità dell’essere, ma si trasforma, diventando un individuo capace di vivere in pienezza, un soggetto “sacro” da lodare senza fine.