L’invecchiamento della popolazione: un importante fenomeno mondiale
Attualmente c’è una persona di sessant’anni o più ogni 9 persone, ed entro il 2050 si calcola che ci sarà un 60enne ogni 5 persone. Nel mondo ogni secondo due persone compiono sessant’anni, per un totale di circa 58 milioni l’anno. Ad oggi in ben 33 diversi paesi l’aspettativa di vita ha raggiunto gli 80 anni. L’unico paese che può vantare il 30% di popolazione ultraottantenne è il Giappone, ma entro il 2050 è previsto il raggiungimento di questo target da parte di altri 64 paesi.
Nel 2010-2015 l’aspettativa di vita è di 78 anni nei paesi sviluppati e 68 anni in quelli in via di sviluppo. Ora del 2045-2050 i nuovi nati avranno un’aspettativa di vita di 83 anni nelle nazioni sviluppate e 74 in quelle in via di sviluppo.
Siamo di fronte ad un fenomeno senza precedenti: nel 1950 c’erano 205 milioni di anziani, nel 2012 erano più di 810 milioni, per il 2050 si attende che arrivino ad essere due miliardi. Altro dato interessante è che dei 15 paesi che nel 2012 avevano più di 10 milioni di anziani sette erano in via di sviluppo e per il 2050 ci si attende che i paesi con queste cifre siano 33, tra cui 5 paesi con più di 50 milioni di anziani. Pertanto i paesi che stanno vivendo e vivranno in modo più drammatico il cambiamento, sono quelli a basso e medio reddito. Basti pensare che l’incremento di ultrasessantenni che la Francia ha visto negli ultimi 100 anni sarà eguagliato dalla Cina e dal Brasile in un quarto di secolo.
La popolazione sopra i 60 anni sta crescendo ad una velocità maggiore di quella della popolazione totale in quasi tutte le regioni del mondo. La popolazione ultraottuagenaria sta aumentando più rapidamente di ogni altra fascia di età, in particolar modo i centenari sono la fascia con maggior velocità di incremento.
La femminilizzazione dell’invecchiamento
Gli uomini e le donne esperiscono l’anzianità in modo diverso. Le donne tendono ad avere una vita sociale maggiore degli uomini e sembra esserci evidenza che ricevano un supporto emotivo da parte di figli e nipoti maggiore rispetto ai consorti. Hanno più probabilità, inoltre, di prendersi cura dei familiari malati, in particolare in famiglie che presentino fenomeni migratori. Gli uomini con un ruolo fondamentale nel sostenimento economico del nucleo familiare, risentono in modo negativo del pensionamento. La tradizionale suddivisione dei ruoli può risultare in un maggior isolamento maschile. In ogni caso entrambi i sessi hanno a che fare con la discriminazione legata all’età. A questa, nel caso delle donne, si aggiunge la discriminazione di sesso, tra cui il ridotto accesso all’educazione ed ai servizi sanitari, la minor capacità di guadagno e il minor diritto di possesso. Questo fa delle donne soggetti ancora a rischio di violenza ed abuso. Tendono anche ad essere più spesso vedove e con una percentuale inferiore di nuovi matrimoni rispetto al genere maschile. In alcuni paesi lo status sociale della donna è strettamente legato alla posizione del marito, la cui morte segna irreversibilmente la sua esclusione sociale. Nell’immediato futuro, sebbene nei paesi sviluppati il trend di anziani illetterati sia in decisivo calo, i paesi in via di sviluppo dovranno fronteggiare un’alta percentuale di anziani illetterati.
Le donne tendono a vivere più a lungo degli uomini, con il risultato che, a livello globale, ci sono più donne anziane che uomini. Nel 2012 ogni 100 donne sessantenni erano presenti 84 uomini e ogni 100 donne ultraottantenni erano presenti solo 61 uomini. Questo fenomeno viene chiamato “femminilizzazione dell’invecchiamento” ed è ancora più spiccato nel grande anziano. Il divario tra l’aspettativa di vita di maschi e femmine è maggiore nei paesi ad alto reddito, dove le donne vivono circa sei anni più degli uomini. Nei paesi a basso reddito, la differenza è di tre anni. Le donne in Giappone hanno l’aspettativa di vita più lunga del mondo, 87 anni, seguita da Spagna, Svizzera e Singapore. L’aspettativa di vita femminile nei 10 paesi più longevi è di 84 anni o più mentre quella maschile è di 80 anni.
Possibili spiegazioni della maggior longevità femminile
Che le donne vivano più a lungo della controparte maschile è noto da molto tempo, tant’è vero che esistono documentazioni di questo fenomeno già a partire dal Medioevo. I fattori che contribuirebbero a questa longevità sono molteplici dal punto di vista biologico:
- Gli ormoni: gli estrogeni hanno molte proprietà positive e protettive su diversi sistemi, mentre non si può dire lo stesso del testosterone, che secondo alcune teorie potrebbe addirittura avere effetti avversi
- Un sistema immunitario più resistente, giacché il testosterone possiede proprietà immunosoppressive
- Due cromosomi X, con diversi potenziali
- Comportamentali e sociali
- Comportamenti a rischio, quali ad esempio abuso di sostanze, meno frequenti
- Maggior attenzione alla nutrizione
- Carico lavorativo di minor entità rispetto all’uomo.
Male- female health-survival paradox
È anche vero, però, che sebbene le donne vivano più a lungo tendono ad avere un ridotto stato di salute. Questo fenomeno è ben descritto dall’espressione “male- female health-survival paradox” (Oksuzyan et al 2008, Lindahl-Jacobsen et al 2013). Ovvero: da una parte le donne nell’età di mezzo ed avanzata presentano maggiori livelli di disabilità, più comorbidità fisiche e psicologiche e una salute peggiore dell’uomo, dall’altra la popolazione maschile mostra un tasso di mortalità maggiore ed un maggior rischio di morte rispetto a quella femminile in tutte le fasce di età, nonostante, dalle ricerche, una percentuale maggiore di maschi risulti in salute. Pertanto l’associazione tra buono stato di salute e lo stato vitale sembrerebbe essere protettivo solo per le donne, suggerendo che essere in salute rappresenti un vantaggio di sopravvivenza solo per le donne.
Fattori che possono contribuire al peggioramento della salute nel gentil sesso sono:
- Comorbidità, in particolare la presenza di malattie autoimmuni e croniche
- Depressione ed ansia: bisogna tenerne conto perché i sintomi depressivi sono l’anticamera della disabilità, superata una certa età
- Aumento dell’incidenza del Morbo di Alzheimer
- Stato infiammatorio cronico mediato dalle citochine rilasciate dal grasso viscerale
- Nascita e crescita dei figli.
Il “male-femal health-survival paradox” è stato oggetto di studio negli ultimi anni, in quanto meritevole di indagine per l’apparente contraddizione. Sono stati sospettati dei bias [pregiudizi] nella raccolta dati, messi in luce da alcune ricerche: le donne ospedalizzate e che assumono farmaci hanno un tasso di partecipazione ai sondaggi maggiore di quelle non ospedalizzate e che non assumono farmaci rispettivamente. Gli uomini usano meno medicazioni delle donne, ma tendono anche a riferirlo meno frequentemente. Quindi di fatto c’è un bias, una sovrastima delle donne in quanto risultano essere maggiormente rappresentate, ma questo dato incide solo in piccola entità sull’effetto paradosso.
Sono state svolte delle ricerche anche per verificare se la differenza di mortalità e disabilità nei due generi possa essere ricondotta a differenze nel tipo di malattie e al loro impatto sulla vita quotidiana. Le donne riferiscono di avere un numero maggiore di eventi acuti e patologie croniche non fatali, mentre gli uomini hanno meno malattie ma con esito più frequentemente fatale. Le donne hanno più probabilità di presentare artrite (sebbene l’impatto sull’indipendenza nelle attività quotidiane sia più sentito dagli uomini) ed ipertensione arteriosa, ma meno malattie cerebrovascolari della controparte maschile.
Laddove non sia presente malattia il livello di disagio è più alto per le donne. Sempre loro riferiscono difficoltà in quasi due items [temi, attività] delle ADL ed IADL [scale di valutazione dell’autonomia nelle attività quotidiane e nell’utilizzo di strumenti ed oggetti nelle attività quotidiane] in più rispetto agli uomini.
Il decadimento cognitivo rimane la maggior causa di incidenza di disabilità, ricovero e mortalità in entrambi i sessi e il suo esordio porta all’ineluttabile peggioramento delle condizioni di vita.
Da ulteriori studi risulta che lo stile di vita è una componente importante per l’aspettativa di vita.
L’attenzione rivolta al “male-femal health-survival paradox” e la comprensione dei meccanismi fondanti sono un importante passo per elaborare strategie di promozione del benessere anche in età avanzata, ai fini di migliorare la qualità di vita degli anziani e di garantirne l’indipendenza il più a lungo possibile. Tutto ciò è alla base del concetto di invecchiamento di successo, “successful ageing“,che sta prendendo piede negli ultimi anni.
Bibliografia:
- Ageing in twenty-first: a celebration and a challenge (2012)
- Oksuzyan A, Petersen I, Stovring H, Bingley P, Vaupel JW, Christensen K. The male-female health-survival paradox: a survey and register study of the impact of sex-specific selection and information bias. Ann Epidemiol. 2009;19(7):504-11
- Kingston A, Davies K, Collerton J, Robinson L, Duncan R, Bond J, Kirkwood TB, Jagger C.The contribution of diseases to the male-female disability-survival paradox in the very old: results from the Newcastle 85+ study. PLoS One. 2014, 7;9(2)
- Lindahl-Jacobsen R, Hanson HA, Oksuzyan A, Mineau GP, Christensen K, Smith KR. The male–female health-survival paradox and sex differences in cohort life expectancy in Utah, Denmark, and Sweden 1850–1910. Annals of Epidemiology. 2013, 23 (4): 161-166
- World Health Statistics 2014. Ottant’anni per gli uomini e 85 per le donne: l’aspettativa di vita degli italiani. Europa mai così in buona salute Grazia Labate Ricercatore in economia sanitaria, già sottosegretario alla sanità
- WHO “Aging and course of life. Interesting fact about aging.”, 28 marzo 2012
- Hubbarda RE, Rockwood K. Frailty in older women; Maturitas 2011; 69: 203– 207
- Fuchs J,Scheidt-Nave C, Hinrichs T, Mergenthaler A, Stein J, Riedel-Heller SG and Grill E. Indicators for Healthy Ageing — A Debate. Int. J. Environ. Res. Public Health 2013, 10:6630-6644
- [24] Rowe, J.W.; Kahn, R.L. Human Aging: Usual and successful. Science 1987, 237, 143-149.