Quante volte siamo tentati di prendere al supermercato alimenti già pronti, solo da riscaldare? Quanto spesso compriamo cibi confezionati che magari potremmo preparare noi (ad esempio la pizza)? Ci sono valide ragioni che dovrebbero indurci a limitare il consumo di alimenti ultra-processati.
Alimenti ultra- processati: una definizione
I cibi processati – dall’espressione inglese processed foods- sono i cibi lavorati e confezionati, che presentano scadenza a lungo termine. Hanno in media un prezzo conveniente e si adeguano alla proposta alimentare standardizzata e industriale delle multinazionali, che trarrebbero un profitto di gran lunga inferiore da alimenti freschi e naturali, di breve scadenza e di scarsa trasportabilità.
Ecco qualche esempio: hamburger, wurstel, piatti pronti e pizze surgelate, crocchette o bastoncini prefritti, impanati a base di carne ricostituita (preparati a base di carne separata meccanicamente), zuppe e noodles istantanei… Oltre a questi piatti da scaldare rientra nella categoria anche tutto ciò che comunemente costituisce il Junk food: patatine, biscotti e dolci confezionati a lunga conservazione, snack, bevande dolci e gassate. Questo breve elenco da un’idea realistica della diffusione di questi prodotti.
Le abitudini dell’Europa
Il cibo che potremmo definire casereccio, cioè non lavorato a livello industriale o processato soltanto in minima parte nella cucina di casa, per gli europei rappresenta il 33,9% delle calorie totali. Quello lavorato poco, cioè ottenuto con qualche ingrediente industriale ma preparato sempre in casa arriva al 20,3%. Gli alimenti ultra-processati, composti quasi unicamente da ingredienti di origine industriale come estratti, paste vegetali o animali aromatizzate e così via coprono il 26,4%, con percentuali che variano molto da paese a paese: se la Gran Bretagna si pone al primo posto con il 50,4%, l’Italia ha un consumo più moderato, intorno al 13,4%. Se da un lato ci siamo noi tra i più virtuosi assieme a Francia e Grecia, dall’altro Germania, Irlanda e Polonia tendono a raggiungere le cifre inglesi, delineando abitudini poco rassicuranti.
Perché piacciono così tanto
Gli alimenti ultra-processati hanno tre caratteristiche che li rendo estremamente interessanti:
- sono già pronti (basta al massimo riscaldarli)
- sono poco costosi
- sono gustosi
Il sapore è legato alla presenza di ingredienti come coloranti, conservanti e sostanze aggiunte per aumentare la palatabilità e allungare i tempi di conservazione. Ma come sappiamo da Leggere le etichette degli alimenti è importante anche per il microbiota, non solo queste molecole hanno delle ricadute negative sull’organismo, ma sono anche sconosciuti gli effetti a lungo termine di un’assunzione massiva come quella odierna.
Sono piatti molto squilibrati
Gli alimenti ultra-processati sono cibi ad alto impatto calorico ed elevato indice glicemico, andando ad impattare negativamente sulla salute e sulla linea. Ma non solo: sono poveri di vitamine, fibre e altri micronutrienti essenziali, come gli antiossidanti contenuti negli ortaggi. Infine apportano grandi quantità di zuccheri, sali e grassi, oltre agli additivi di cui si parlava prima. Per via del loro sapore, che di genuino ha poco o niente, tendono inoltre ad alterare la percezione del gusto dei più piccoli, abituandoli a sapori molto dolci o molto salati e spingendoli ad un progressivo consumo di dolcificanti e sale.
I rischi per la salute
Gli studi effettuati sui consumatori di alimenti ultra-processati dimostrano che essi sono parzialmente responsabili dell’obesità e di malattie croniche non trasmissibili. La loro assunzione è associata alla sindrome metabolica ed è predittiva di un maggior incremento del colesterolo totale e del colesterolo cattivo già in età prescolare (in Brasile ad esempio, o nei Paesi che ne fanno ampio ricorso). A causa del forte carico glicemico il consumo di questi prodotti può indurre obesità e resistenza all’insulina nei bambini già predisposti.
Potrebbero quindi giocare un ruolo anche nella prevalenza di patologie autoimmuni come il diabete mellito di tipo 1 e la celiachia. E’ stato infatti osservato come le problematiche autoimmuni siano associate ad una disbiosi del microbiota intestinale, anche se non è ancora completamente chiaro se sia la causa o la conseguenza della patologia stessa. Sembrerebbe che un’alterazione del microbiota vada a promuovere una risposta pro-infiammatoria in grado di condurre ad una maggiore permeabilità intestinale: si avvia così una catena di eventi che promuove processi autoimmuni e alterazioni metaboliche che sostengono la disbiosi. Il processo, come già affrontato in Leggere le etichette degli alimenti è importante anche per il microbiota, è in parte dovuto alla presenza di emulsionanti, tra gli additivi.
I risultati di uno studio francese pubblicato nel 2019, poi, evidenziano che un aumento del 10% nel consumo di alimenti ultra-processati è statisticamente associato ad un rischio maggiore di mortalità del 14% per tutte le cause. Sebbene siano necessari ulteriori approfondimenti, è sempre vero che l’eccesso di zucchero e di sale è correlato ad un maggior rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre, gli alimenti di tipo industriale contengono generalmente poche fibre, che hanno innumerevoli caratteristiche protettive. Ciò che emerge di importante da tale ricerca è anche il fatto che i cibi consumati sono assunti in modo sproporzionato da individui con redditi o livelli di istruzione più bassi nonché da chi vive da solo.
Baby foods: garanzia o pericolo?
E’ davvero importante entrare nell’ottica di distinguere gli alimenti ultra-processati per poter gestire al meglio l’alimentazione nella prima infanzia. Questo perché l’impatto durante i primi anni è incisivo nel determinare la maturazione del microbiota. L’assetto della flora intestinale sembra infatti stabilizzarsi tra i 3 ed i 5 anni, ed in seguito sarà possibile una variazione esclusivamente del 30-40% dello stesso.
E’ sorprendente come molti alimenti designati esclusivamente per i bambini e denominati “baby food”, latte in formula, cereali pronti da mangiare rientrano nella categoria degli alimenti ultra-processati, in quanto formulati con sostanze derivate o estratte da alimenti e con l’aggiunta di additivi.
Questo rappresenta uno stimolo ad utilizzare il meno possibili prodotti già confezionati a partire dallo svezzamento.
Come agire?
L’uso protratto e abbondante di alimenti ultra-processati è quindi pericoloso. Soprattutto per i bambini, che sono ancora più condizionati dalla pubblicità ed hanno un organismo in divenire.
Sicuramente ridurre l’utilizzo di alimenti ultra-processati richiede maggior attenzione e tempo, ma con poche strategie è possibile ottenere grandi risultati. Il tutto a vantaggio della salute: i cibi non processati o minimamente processati è infatti osservato che sono in grado di promuovere l’eubiosi del microbiota intestinale, una risposta antiinfiammatoria e l’integrità epiteliale attraverso la produzione di butirrato a livello del microbiota intestinale.
Cosa fare quindi? Favorire i prodotti caserecci, come i biscotti e la pizza fatta in casa, limitare gli snack e portarsi dietro degli spuntini salutari
- carote mondate e tagliate a listarelle assieme a pezzi di finocchio o di cetriolo
- fette di mela con qualche goccia di limone per non farla ossidare
- mandorle e noci
- banane
- frutta di stagione
- datteri o prugne secche
- yogurt al naturale senza zuccheri aggiunti
- fragole, frutti di bosco, ciliegie o altra frutta di stagione
rigorosamente accompagnati da acqua. In tal modo si evita di arrivare ai pasti principali troppo affamati e di preferire prodotti di rapidissima preparazione pur di saziarsi.
Queste alcune delle molte possibilità che si delineano come spuntini alternativi e che possono sradicare pessime abitudini, soprattutto della giovane età.
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Bibliografia:
Carlos Augusto Monteiro, Jean-Claude Moubarac, Renata Bertazzi Levy, Daniela Silva Canella, Maria Laura da Costa Louzada and Geoffrey Cannon, Household availability of ultra-processed foods and obesity in nineteen European countries, 2018 Public Health Nutrition (21): 18-26
Aguayo Patrón SV, Calderón de la Barca AM Consumption of ultra-processed foods and cancer risk: results from NutriNet-Santé prospective cohort BMJ 2018; 360 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.k322 (Published 14 February 2018)Cite this as: BMJ 2018;360:k322
Aguayo Patrón SV, Calderón de la Barca AM. Old Fashioned vs. Ultra-Processed-Based Current Diets: Possible Implication in the Increased Susceptibility to Type 1 Diabetes and Celiac Disease in Childhood. Foods. 2017 Nov 15;6(11). pii: E100. doi: 10.3390/foods6110100.
Sitografia:
https://www.greenme.it/mangiare/alimentazione-a-salute/30461-cibi-industriali-pronti